
Prima dei frigoriferi, la conservazione dei cibi freschi richiedeva ingegno: sale, zucchero, olio e persino calce per le uova. In Maremma e nelle campagne senesi, una tradizione speciale era quella dei fichi canditi, preparati soprattutto con le varietà di agosto. Una ricetta, tramandata da generazioni, che racconta di dispense sorvegliate e dolci tentazioni…
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DI ANDREA RICCHIUTI
L’esigenza di conservare i cibi freschi è stata una necessità impellente fino a metà del secolo scorso, ovvero prima della comparsa dei frigoriferi in tutte le case. Quindi, un tempo, venivano sfruttate le proprietà batteriostatiche del sale e dello zucchero per conservare carni, verdure e frutti di vario genere; nondimeno faceva la sua parte anche l’olio e, in alcuni casi, la calce per conservare le uova; infine c’era anche la semplice essiccazione, che poi tanto facile non era se non vi erano ambienti e condizioni giuste. Fra le tante ricette che si possono trovare per fare conserve vi è quella che un tempo era in uso in Maremma, ma anche nelle campagne senesi, dei fichi canditi.
I fichi, per semplificare, producono il frutto sia nel mese di giugno (chiamati “fioroni” o fichi di San Giovanni) che nel mese di agosto/settembre (e qui vi sono tante varietà, come quelli dottati, brogotti, bataloni ecc…), c’è poi una varietà tardiva autunnale. Per solito i più adatti ad essere impiegati nella realizzazione di confetture, conserve e canditi sono quelli prodotti nel mese di agosto, i fichi dottati, mentre i primi, i fioroni, si prestano bene ad essere consumati insieme al prosciutto, ma anche ad essere fritti in pastella…