
Sono considerati tra i biscotti più celebri della tradizione toscana, noti per la loro doppia cottura e spesso accompagnati dal Vin Santo. Parliamo dei cantucci, le cui origini risalgono al XVI secolo, con Caterina de’ Medici che ne influenzò la ricetta aggiungendo le mandorle. Ancora oggi, questi biscotti evocano ricordi e tradizioni, proprio come la madeleine di Proust
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DI ANDREA RICCHIUTI**
I cantucci sono forse uno dei biscotti più conosciuti ed apprezzati, tanto che anche i turisti stranieri ne conoscono spesso la fama. Nel 1961, l’Accademia della Crusca stabilì il significato di cantuccio: “biscotto a fette, di fior di farina, con zucchero e chiara d’uovo”. Da allora, grazie all’impegno dei produttori (Assocantucci, consorzio per la tutela dei cantucci toscani), il biscotto ha ottenuto la denominazione di IGP, con un disciplinare che prevede quali specifici ingredienti devono comparire affinché il prodotto possa fregiarsi di suddetta denominazione. Ma per quanto riguarda i biscotti fatti in casa non ci sono problemi, ognuno continuerà a farli secondo le tradizioni familiari o locali.
Se è vero che il cantuccio vuole, nell’impasto, un po’ di burro è altrettanto vero che esistono biscotti, con lo stesso nome, che in certi posti vengono fatti solamente con uova, zucchero, farina, lievito e mandorle. Così come c’è chi mette dello strutto, chi del Vermuth o Vinsanto o ancora del miele. Al di là di quale sia la ricetta migliore o più buona, quello che conta è il ricordo che suscita quando il cantuccino viene mangiato, proprio come la madeleine di Proust con il suo potere evocativo…
Se vuoi leggere l’articolo completo, lo trovi pubblicato sul numero di aprile 2025 di Maremma Magazine (alle pagine 134-5), disponibile in edicola, su abbonamento e in versione digitale. Acquista la tua copia on line! Clicca QUI
**Insegnante di cucina AICI
Associazione Insegnanti di Cucina Italiana
Per informazioni sui corsi: tel. 338 8228420,
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