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L'EDITORIALE DEL NUMERO DI MAGGIO 2015

Camere di Commercio, una riforma che rischia di penalizzare i territori, Maremma in primis

di Celestino Sellaroli

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Che il Governo Renzi stia tentando di rovesciare l’Italia come un calzino è abbastanza lampante. Le smanie di protagonismo dell’attuale Presidente del Consiglio sono sotto gli occhi di tutti. La voglia di fare non manca, la carne al fuoco è tanta, le riforme in cantiere, fatte e/o da completare abbondano. Decisamente diverso è però il capitolo relativo all’efficacia dei provvedimenti che, magari pur partendo da nobili propositi, spesso si perdono per strada o finiscono nel nulla. Un esempio su tutti? L’abolizione delle province, una riforma avventata di cui ancora non si conoscono gli esiti e che si tradurrà in risparmi irrisori per lo Stato…
Ma in questo caso più che delle province è di un’altra riforma in itinere di cui vogliamo parlare: quella delle Camere di Commercio che rischia di penalizzare non poco i territori, soprattutto quelli più deboli ed emarginati come la Maremma.
Il disegno è chiaro. Il Governo le considera inutili, così come inutili ha sempre considerato le province, e sta facendo di tutto per complicargli la vita. E così, nelle more della riforma degli enti camerali nell’ambito del più ampio progetto di riforma della Pubblica Amministrazione, ha intanto deciso di cominciare ad azzopparle agendo sulla riduzione del diritto annuale dovuto da ogni impresa.
Bene, anzi male, con la riforma appena approvata che ha ridotto la quota del 35% per il 2015, per passare al 40% nel 2016 e al 50% nel 2017 (ma si parla anche di abolizione totale), il risparmio per le imprese sarà irrisorio (una cinquantina di euro all’anno o giù di lì), ma in compenso le Camere di Commercio si ritroveranno zoppe con risorse praticamente azzerate, cosa che condizionerà le scelte di tali Enti producendo inevitabili ripercussioni sul sistema imprenditoriale locale.
Nel caso della Camera di Commercio di Grosseto la riduzione progressiva del diritto camerale decreterà un ammanco di circa 2 milioni di euro nel bilancio camerale e la necessaria interruzione (cosa in effetti già cominciata) di tutti gli interventi promozionali attuati fino a oggi dall’Ente a favore delle imprese. L’impatto sull’economia del territorio è già (e lo sarà, ancor di più, più avanti) pesante, riflettendosi soprattutto sui finanziamenti diretti alle imprese che non potranno più contare su importanti servizi e contributi offerti fino ad oggi dalla Camera di Commercio.
E si badi bene che si parla di progetti tutt’altro che banali: dalle iniziative per la promozione e la valorizzazione del Brand Maremma, ai bandi diretti alla concessione di contributi alle imprese per la partecipazione autonoma a manifestazioni fieristiche e quelli per la concessione di contributi alle imprese per iniziative di sviluppo locale e per azioni di animazione economica, dal Polo Universitario Grossetano al Consorzio Grosseto Lavoro, dalle iniziative dirette alla valorizzazione della cultura alla collaborazione con la Società Dante Alighieri, dalla partnership con la Fondazione Grosseto Cultura allo Sportello informativo per i diritti del turista, dalle politiche per l’export ai progetti Blu & Green economy e Busyness woman, dal Comitato per l’imprenditoria femminile alle Reti di impresa.
Come si vede non si tratta di dettagli, ma di aspetti anche strategici su cui la Camera di Commercio di Grosseto ha investito molto in questi anni: basti pensare alla valorizzazione del brand Maremma. E questo in un contesto di crisi della governance come quello che stiamo vivendo oggi, non potrà che avere ripercussioni economiche e sociali pesanti.
Nel frattempo le Camere di Commercio anche per aggirare in qualche modo queste manovre del Governo hanno cominciato a fare fronte comune ed hanno pensato bene, alla luce di un’imminente riforma centrale, di mettere loro stessi mano ai cambiamenti con una sorta di autoriforma in autotutela. In questo senso, in seno a Unioncamere, nell’assemblea dei presidenti, è maturata la volontà di guidare autonomamente il processo di revisione e di individuare, quindi, realtà territoriali affini per iniziare un percorso di semplificazione della struttura, degli organi, con lo scopo di riaffermare la centralità delle Camere di Commercio sui territori ed un’efficace politica di aiuto alle economie locali.
L’indicazione data è stata quella di approssimarsi alle 80.000 imprese per ciascun nuovo soggetto e di deliberare la fusione tra consorelle entro il 28 febbraio scorso per poter accedere ad un contributo che l’Unione nazionale assegna alle Camere che, pur virtuose, soffrono di rigidità di bilancio. È in questa logica che deve essere visto l’accorpamento – uno dei primi in Italia – tra l’ente camerale di Grosseto e quello di Livorno avvenuto a febbraio. Fusione che ha dato vita (non senza qualche polemica in provincia di Grosseto) alla Camera di Commercio della Maremma e del Tirreno che sarà operativa dal 2016.

Insomma, quello della riforma delle Camere di Commercio è un altro tema caldo da seguire attentamente per i risvolti che possono scaturire nei territori più marginali e deboli come il nostro. Il rischio è che, come già successo con le province, si continuino a cercare capri espiatori da dare in pasto all’opinione pubblica senza avere ben chiaro il disegno complessivo di Stato che si vuole realizzare.
Perché se riforme devono essere, che almeno siano utili e soprattutto sensate!

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