Il Granduca e l’Ingegnere. Leopoldo II, Alessandro Manetti e la...

Il Granduca e l’Ingegnere. Leopoldo II, Alessandro Manetti e la bonifica della Maremma

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Due personaggi chiave di quella straordinaria epopea che determinò tra il XVIII e il XIX secolo la trasformazione della terra paludosa della Maremma grossetana, prima in un territorio agricolo d’eccellenza e poi, addirittura, in una terra ospitale per l’accoglienza turistica: Leopolodo II di Lorena e Alessandro Manetti

Il primo, Leopoldo II Granduca di Toscana si prodigò moltissimo per la bonifica della sua Maremma, terra che amò molto e che nel linguaggio paternalistico e romantico del tempo giunse a definire come una figlia inferma alla quale prestare soccorso; il secondo Alessandro Manetti, matematico regio è considerato il più grande di tutti e definito un tecnico e scienziato di livello europeo

di Domenico Saraceno

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Erano gli anni ’80 e Grosseto conobbe (forse con il senno di poi) una stagione caratterizzata da un grande fermento culturale.
Animatori di quel periodo furono Alfio Gianninoni, un maestro prestato alla politica ed allora assessore alla cultura del Comune di Grosseto ed il ricercatore Roberto Ferretti, entrambi prematuramente scomparsi.
In quel tempo, che oggi appare straordinariamente lontano, il trio composto dagli storici Danilo Barsanti, Zeffiro Ciuffoletti e Leonardo Rombai frequentava assiduamente il capoluogo maremmano per tracciare, in convegni di livello internazionale ai quali parteciparono anche uomini del calibro di Giovanni Spadolini, le vicende storiche che determinarono la trasformazione della terra paludosa della Maremma grossetana, prima in un territorio agricolo d’eccellenza e poi, addirittura, in una terra ospitale per l’accoglienza turistica.
Il professor Danilo Barsanti, docente di storia moderna e contemporanea all’Università di Pisa, pur rimpiangendo quegli anni felici, è tornato recentemente a Grosseto, ospite del Rotary, per parlare di questi argomenti, ed ha voluto concentrare l’attenzione su due dei personaggi chiave dell’epopea maremmana, Leopolodo II di Lorena e Alessandro Manetti.
Definendosi polemicamente uno storico “minore” in quanto lo studio del territorio è da sempre stato considerato dalla storiografia ufficiale in modo subalterno e guardato dal mondo scientifico con diffidenza, Barsanti nel corso del suo intervento ha tracciato un quadro storico con passione e competenza, partendo dalla descrizione dello stato di abbandono in cui si trovava la pianura grossetana all’epoca medicea, sostanzialmente dovuto alla elevata e diffusa pericolosità idraulica dei fiumi e dei fossi dell’intera Toscana.
Questa difficile condizione portò in questa regione il fiorire e poi il consolidarsi di una scuola di ingegneria idraulica che, a patire da Galileo Galilei, primo matematico regio (consulente territoriale) vide il susseguirsi fra ‘600 e ‘700 di eminenti studiosi del calibro di Evangelista Torricelli, Famiano Michelini, Vincenzo Viviani, Guido Grandi.

Nel 1737 in Toscana i Lorena subentrano ai Medici. Nel 1765 entra in gioco Pietro Leopoldo di Lorena, il sovrano più moderno che la storia possa annoverare. Con lui iniziano le grandi bonifiche e altri matematici regi importanti come di Leonardo Ximenes, Pietro Ferroni, Pio Fantoni (il quale opera attorno al 1780 provenendo dallo Stato Pontificio, dopo aver maturato grandi esperienza nelle bonifiche del Lazio e delle Romagne) ed ancora Vittorio Fossombroni e Gaetano Giorgini.
Ma fra di essi, il più capace ed importante, secondo il giudizio del Barsanti, rimane senza dubbio la figura di Alessandro Manetti, considerato il più grande di tutti e definito un tecnico e scienziato di livello europeo.
Leopoldo II di Lorena, l’ultimo granduca di Toscana, uomo buono, anzi bonaccione, e per questo soprannominato il babbo, il broncio, ma anche Canapone per la sua grande chioma biondastra come la canapa, alla stregua del nonno anch’egli si dimostra un sovrano illuminato, mosso dalla grande ammirazione per il nonno Pietro Leopoldo e da un senso pratico e concreto, ancorché destinato a vivere in un periodo storico romantico e per questo condannato ad infinite critiche e continue derisioni.
Infatti, il giudizio critico dei contemporanei che giunse a definirlo un burattino in mano agli Austriaci ha finito per condizionare la storiografia fino agli anni ’50 del 1900.
Fra le numerose azioni concrete del Granduca, oggi viste con favore, si possono infatti annoverare il liberismo economico, il frazionamento del latifondo e le allivellazioni (cioè la distribuzione a riscatto della terra a chi fosse disposto a lavorarla, anche se non riuscite secondo il suo programma) l’istituzione della Scuola Normale di Pisa, le riforme dell’istruzione e della giustizia; durante la sua reggenza egli promosse inoltre la libertà di stampa, la guardia civica, ed ebbe sempre un grande attaccamento al proprio territorio che ne fece anche un discreto conoscitore del suo Granducato.
Governò attivamente fino al 1849, poi perse il controllo in favore della restaurazione austriaca.
Canapone, com’è noto, del Granducato di Toscana amò in particolare la Maremma, che nel linguaggio paternalistico e romantico del tempo giunse a definire come una figlia inferma alla quale prestare soccorso.
Leopoldo II volle anche contribuire alla rinascita agricola maremmana con l’esempio diretto, organizzando una conduzione modello delle sue due aziende agricole grossetane, Alberese e Badiola.

Ma l’opera immensa di redenzione della terra grossetana promossa da Leopoldo II vide l’azione determinante dell’ing. Alessandro Manetti. Nato nel 1787 studiò dapprima a Firenze, presso il collegio degli Scolopi, dai quali mutuò l’amore per la scienza applicata e per le cose concrete e pratiche. Frequentò poi la scuola parigina di Ponti e strade, la più evoluta e all’avanguardia nell’intera Europa per lo studio delle opere pubbliche, ove ebbe modo di consolidare una forte esperienza sulle problematiche idrauliche ed infrastrutturali in paesi come la Francia e l’Olanda.
Per il Granducato di Toscana operò nel periodo compreso fra il 1816 ed il 1859 dando vita a numerosissime opere diffuse nell’intera toscana, con speciale riferimento alle infrastrutture viarie e idrauliche dando vita, in Maremma, a quell’impresa tecnico-scientifica che fu definita la guerra delle acque in Toscana.
Insieme a Leopoldo II, il Manetti promosse la bonifica idraulica e integrale, entrambi spinti da una comune missione civilizzatrice, concentrando l’azione grossetana in oltre trent’anni di gravoso impegno, fra il 1827 e il 27 novembre 1859 giorno in cui, con motuproprio, Leopoldo II ordinò la bonifica della Maremma per colmata.
L’opera, che durerà oltre trent’anni, costerà alle tasche del Granducato oltre 20 milioni di lire toscane, portando al risanamento 110 mila ettari di terreno. Saranno costruite strade per oltre 400 chilometri, 126 ponti, introdotte alberature e piante domestiche che concorreranno alla trasformazione del paesaggio agrario, scavati chilometri e chilometri di canali di bonifica e canali diversivi dell’Ombrone per alimentare le colmate.
Per combattere la malaria furono anche costituite una commissione sanitaria, delle strutture ospedaliere diffuse sul territorio, attivate 61 farmacie rurali e nominati, direttamente dal Sovrano, cento medici.
In quegli anni viene inoltre promossa l’attività mineraria che si diffonde nella parte nord della provincia, nasce a Massa Marittima la scuola mineraria e dal nulla sorge la cittadina di Follonica che all’epoca assume, come centro siderurgico, un’importanza internazionale.
Il concetto di bonifica integrale, che sarà poi proseguito con vigore dalla scuola di Arrigo Serpieri e fatto proprio dal fascismo, viene introdotto proprio da Leopoldo II e costituisce il più vistoso risultato della politica della concretezza dei Lorena.

Tutte queste azioni promosse sul territorio, inevitabilmente determinarono un’articolazione del tessuto sociale e la Maremma, da terra sperduta e spopolata, iniziò a popolarsi; il Granduca istituì anche la prima forma di previdenza sociale per gli operai ed a questo affiancò la pubblica istruzione per i figli degli operai e dei contadini, introducendo anche una forma pensionistica: complessivamente si assiste a quello che Ildebrando Imberciadori ebbe a definire, con grande efficacia, risorgimento maremmano.
Fra i progetti incompiuti fallisce quello della costruzione della ferrovia che invece sarà realizzata, in quanto opera d’interesse nazionale, dal governo centrale guidato da Bettino Ricasoli dopo l’unità d’Italia, periodo in cui, invece, l’opera di bonifica s’interrompe brutalmente: dopo il 1861 la bonifica della maremma viene infatti totalmente dimenticata (andando in subordine a tutta una serie di problematiche decisamente più urgenti legate al conseguimento dell’unità nazionale) e si dovranno attendere gli anni trenta del secolo successivo per la definiva conclusione della straordinaria bonifica maremmana, eseguita da Benito Mussolini e Arrigo Serpieri.

Leopoldo II di Lorena - 2