Le abitazioni rupestri nella Contea Ottiera sulle colline del tufo tra Pitigliano...

Le abitazioni rupestri nella Contea Ottiera sulle colline del tufo tra Pitigliano e Sorano

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DI ANGELO BIONDI

Quello degli antichi insediamenti in grotta come case rupestri, romitori, colombari ecc., è un fenomeno antico, partito in epoche lontane ed arrivato con gli ultimi casi fino alla fine dell’Ottocento o ai primi del Novecento. Interessa tutta “l’area dei tufi” tra Pitigliano, Sorano ed alcune località del viterbese e merita decisamente di essere approfondito, magari anche ovviamente con delle visite live…

Casa rupestre nel territorio di Pitigliano

Il  fenomeno rupestre, quel particolare modo di scavare il tufo nel territorio dei Comuni di Pitigliano e Sorano in area toscana e poi in tutto il viterbese, è noto soprattutto per le necropoli etrusche, a cominciare da quelle di Norchia, Castel d’Asso, Blera ecc. a quella di Sovana, dove le tombe monumentali non sono costruite, ma scavate e modellate nella roccia tufacea.

Meno nota è la presenza in queste aree di altri manufatti: case rupestri, romitori, colombari ecc., nonostante che negli anni tra il 1980 e il 1990 sia stato portato all’attenzione degli studiosi e del pubblico il grande centro rupestre di Vitozza nei pressi di San Quirico di Sorano. Vitozza, forte castello che ebbe vita dal XII secolo fino alla metà del ‘400, quando per le guerre fu abbandonato dalla popolazione, presenta circa duecento grotte scavate artificialmente, molte adibite ad abitazione, altre a stalle e magazzini.

Proprio l’abbandono del sito ha permesso che rimanesse fermo nel tempo, conservando le sue caratteristiche di centro rupestre, senza subire sovrapposizioni e alterazioni, in condizioni ottimali per gli studi archeologici. Così la Facoltà di Archeologia dell’Università di Firenze sotto la guida del compianto prof. Riccardo Francovich, ha potuto procedere allo studio completo di schedatura e catalogazione dei numerosi ambienti in grotta del luogo, compiuto da Roberto Parenti e concluso con la pubblicazione “Vitozza un insediamento rupestre nel territorio di Sorano” del 1980, integrato dalla pubblicazione “Progetto Vitozza” di Enrica Boldrini e Daniele De Luca, edito nel 1988.

Le abitazioni in grotta si distinguono per la presenza di camini per il fuoco e spesso per la presenza di pozzi, quei tipici pozzi “a uovo”, alcuni dei quali usati per l’acqua, altri per conservare cereali. Non a caso Vitozza è stata definita “la Matera della Toscana” per la straordinaria quantità di ambienti ipogei e per la loro varietà tipologica, e resta il prototipo del centro rupestre medioevale in area toscana. Ma il fenomeno delle case in grotta si estende a tutta “l’area dei tufi” ed è stato un fenomeno di lunga durata, arrivato con gli ultimi casi fino alla fine dell’Ottocento o ai primi del Novecento.

C’è chi con molta saccenteria ha tacciato le case rupestri come abitazioni da trogloditi, da uomini dell’età della pietra, invece le case rupestri non avevano niente da invidiare alle case in muratura, anzi… Si pensi solo al fatto che gli abitanti di Vitozza in età medioevale già avevano l’acqua in casa, quando ciò era impensabile in qualunque altro luogo, per grandi città come per centri più piccoli, fino ad epoche molto vicine a noi. Infatti nelle case-grotta gli abitanti, che ben conoscevano le condizioni ambientali, avevano l’abilità di saper individuare i punti di trasudamento del tufo e bastava scavare un piccolo canale per convogliare un rigagnolo d’acqua al pozzo scavato sul pavimento; la grotta tuttavia rimaneva sana, senza subire umidità. Inoltre poiché il tufo assorbe acqua durante le piogge invernali e la restituisce poco a poco nel tempo, i supposti “trogloditi” di Vitozza potevano avere l’acqua in casa tutto l’anno. Ancora oggi in certe grotte abbandonate da secoli si possono trovare nel mese di agosto, pozzi pieni d’acqua in piena calura estiva.

Negli ultimi tempi il lavoro della Sezione Speleologica “L’Orso” di Castellazzara, guidata da Odoardo Papalini e coadiuvata dall’archeologa Franca Bernardoni di Castellottieri e da alcuni appassionati a cominciare da Giuseppe Pinzi di San Giovanni delle Contee, ha portato ad allargare di molto la conoscenza del fenomeno rupestre nel territorio del Comune di Sorano. La ricerca è stata centrata nel territorio dell’antica Contea Ottiera, oggi corrispondente alle frazioni di Castellottieri, di Montorio e di San Giovanni delle Contee, pur con qualche sconfinamento verso Sorano e nei confinanti Comuni di Onano e Acquapendente in territorio laziale.

I risultati della ricerca, che si è protratta per circa sei anni, sono stati esposti in un Convegno che si è svolto a Montorio nel mese di marzo, alla presenza di un folto pubblico dei centri vicini; già nel 2016 i primi risultati erano stati presentati al Convegno Speleologico di Campiglia Marittima.

La ricerca e la schedatura di ambienti ipogei, che ha coinvolto anche numerosi proprietari dei poderi sparsi nella zona di Montorio, Castellottieri e San Giovanni delle Contee, ha portato ad identificare un numero molto elevato di grotte: ben 225, di cui 189 catalogate, sparse in tutto il territorio dell’antica Contea Ottiera e distribuite in una sessantina di nuclei. Si tratta di un risultato veramente eccezionale, che raddoppia in sostanza il numero delle grotte conosciute di Vitozza.

L’articolo completo è pubblicato nel nr. di maggio 2018 di Maremma magazine alle pagg. 54-56, in edicola e on line su www.maxisoft.it/mdm/maremmamagazine/index.php