Maremma, Garfagnana e Casentino: un legame antico nel segno della Transumanza

Maremma, Garfagnana e Casentino: un legame antico nel segno della Transumanza

174
0
CONDIVIDI

Dopo aver parlato nel numero scorso delle linee guida del progetto transfrontaliero CamBioVia – CAMmini e BIOdiversità: Valorizzazione Itinerari e Accessibilità per la Transumanza, finanziato dal programma Interreg Italia-Francia Marittimo 2014-2020 – e degli eventi che si sono svolti il mese scorso a Spergolaia (Grosseto), Valpiana (Massa Marittima) e on line, in questa seconda puntata presentiamo l’esposizione temporanea sempre sul fenomeno della transumanza che nell’ambito del progetto si è tenuta prima a Sillico e San Pellegrino in Alpe (Lucca), presso il Museo Etnografico Provinciale “Don Luigi Pellegrini” e poi a Grosseto, presso il Giardino dell’Archeologia, in Maremma meta proprio quest’ultima delle greggi che in epoche lontane arrivavano dalla Garfagnana e dal Casentino, dove per custodire e salvaguardare questo patrimonio è stato realizzato anche un Ecomuseo, promosso dall’Unione dei Comuni

****

La mostra a Grosseto

“In transumanza: comunità, vie e culture della pastorizia, tra archeologia, antropologia e storia”
Da un punto di vista archeologico le indagini sull’allevamento, in particolare quello mobile e transumante, risultano complicate dalla scarsità dei resti materiali che questa pratica produce. Anche i resti ossei degli animali domestici (pecore e capre) possono lasciare dubbi interpretativi. Questo è particolarmente vero per le epoche preistoriche, quando i documenti scritti non possono colmare i vuoti archeologici.
La causa della scarsa presenza di tracce archeologiche è dovuta alla natura temporanea delle attività ad essa connesse e al conseguente utilizzo di attrezzatura in materiali deperibili, di natura organica, che non durano nel tempo; si tratta quindi di tracce deboli ed effimere e perlopiù disperse in areali estesi che rendono difficile riconoscere il legame fra le varie evidenze individuate e le vie di percorrenza. La scarsità dei dati materiali ha condotto in passato a tralasciare lo studio di questo fenomeno dal punto di vista archeologico. Solo da alcuni anni l’archeologia ha iniziato ad occuparsi di pastorizia grazie ad un metodo di studio multidisciplinare, dinamico e integrato dal dialogo dell’archeologia con etno-antropologia, storia, geografia, toponomastica, archeozoologia, le molte archeometrie e le discipline utili ad indagare il paleoambiente.
A fronte di ricerche avviate in altri contesti italiani in tempi recenti, lo studio archeologico della transumanza in ambito toscano ha, fino ad oggi, riscosso solo sporadiche attenzioni nonostante l’importanza che il fenomeno della pastorizia mobile e della transumanza ha avuto nell’economia di questa regione nelle varie epoche.
La sinergia tra archeologi, storici e antropologi del Dipartimento di Scienze Storiche e dei Beni Culturali dell’Università di Siena ha permesso lo sviluppo di un progetto finalizzato a sistematizzare le informazioni note e a far progredire la ricerca con indagini sul campo finalizzate a tale scopo. In particolare lo studio sulla transumanza, attraverso un approccio multidisciplinare e diacronico, consente di esplorare il fenomeno evidenziandone la continuità e i cambiamenti avvenuti nel tempo, dall’età contemporanea procedendo a ritroso fino alle sue origini.
La sfida maggiore dal punto di vista archeologico è il riconoscimento di indicatori della transumanza, non solo materiali ma anche immateriali, che possano testimoniare queste forme specializzate di allevamento iniziate fin dalla preistoria. La localizzazione di tali indicatori nelle diverse aree geografiche permette di disegnare i tracciati delle vie di transito e il millenario modellarsi del paesaggio.
L’Archeologia cerca prevalentemente indizi nel terreno riferiti alla cultura materiale relativa alla cura degli animali e alla trasformazione dei loro prodotti oltre ai resti di ricoveri per le greggi, di capanne o di luoghi di culto pastorali.
Un contributo fondamentale per integrare le indagini di questo fenomeno viene portato dalle discipline storiche con lo studio dei documenti d’archivio e della cartografia storica così come dagli spunti derivati della documentazione iconografica. Tali documenti permettono di conoscere il costituirsi e l’evolversi dell’apparato normativo che ha regolato lo sviluppo dell’economia della nostra regione dal medioevo all’età moderna.
Le discipline etno-antropologiche offrono un altro fondamentale apporto alla conoscenza della transumanza nelle sue fasi storiche più recenti. In questo modo la cultura materiale, costituita dagli utensili, dai prodotti e dalle strutture dell’allevamento delle greggi, viene arricchita dalle tradizioni orali. Preziosissime, le interviste agli ultimi pastori transumanti del secolo scorso offrono importanti notizie circa gli itinerari e le modalità del cammino, delle soste e delle relazioni sociali che costituivano i percorsi della transumanza.
Nella ricostruzione della transumanza toscana è stata dedicata particolare attenzione alla zona della sosta invernale rappresentata dalla Maremma e in particolare dall’areale dell’Uccellina, centro di convergenza di molti dei numerosi percorsi regionali.
Qui infatti, oltre alla toponomastica chiaramente legata alla capillare presenza di questo fenomeno, sono molte le testimonianze archeologiche che documentano l’allevamento mobile e la transumanza grazie a numerosi indicatori archeologici quali i luoghi di culto dedicati a divinità pastorali, le strutture di ricovero per uomini e animali e le tracce di attività produttive anche collaterali come ad esempio la produzione del sale.
Partendo dal luogo di svernamento, le evidenze archeologiche hanno permesso di intraprendere lo studio dei percorsi che da qui riportavano verso l’interno fino ai rilievi del Monte Amiata e dell’Appennino, definendo la traiettoria delle antiche vie di tran-sumanza.
I dati acquisiti e le elaborazioni ancora in corso sono confluiti in una mostra che evidenzia i risultati fin qui ottenuti.
L’esposizione temporanea “In tran-sumanza: comunità, vie e culture della pastorizia, tra archeologia, antropologia e storia” illustra questo approccio metodologico attraverso testi, immagini e prodotti multimediali articolati in 10 totem tematici.
La mostra è nata dalla sinergia tra Regione Toscana, Dipartimento di Scienze storiche e dei Beni Culturali (DSSBC) dell’Università di Siena con il coordinamento del Laboratorio di Preistoria e il Museo Archeologico e d’Arte della Maremma (MAAM) e racconta gli itinerari che uomini e greggi hanno calcato, per millenni, spostandosi fra le terre di Maremma e l’Appennino: la Via del Casentino, la Via dei Biozzi e la Via Aldobrandesca.
Il percorso di visita si completa con QRcode di approfondimenti tematici e rimandi alle collezioni del MAAM, degli Archivi delle Tradizioni Popolari della Maremma e del Museolab, in un’ottica di mostra diffusa, volta a promuovere la conoscenza del territorio.

Giovanna Pizziolo e Nicoletta Volante
Dipartimento di Scienze
Storiche e dei Beni Culturali – Università di Siena

La mostra allestita a Grosseto, presso il Giardino dell’archeologia

L’exposition à Grosseto

“En transhumance: communautés, itinéraires et cultures de la transhumance, entre archéologie, anthropologie et histoire”
D’un point de vue archéologique, les recherches sur l’élevage, en particulier sur l’élevage itinérant et transhumant, s’avèrent difficile à cause de la rareté des vestiges matériels liés à cette pratique. L’interprétation des restes osseux d’animaux domestiques (moutons et chèvres) peut également prêter à confusion. Cela est particulièrement vrai pour la Préhistoire, lorsque les documents écrits ne peuvent combler les lacunes archéologiques.
La faible présence de traces archéologiques est à attribuer à la nature temporaire des activités qui y sont liées et à l’utilisation d’équipements constitués de matériaux périssables, de nature organique, qui ne durent pas dans le temps; ces traces sont donc faibles et éphémères et, la plupart du temps, dispersées sur de grandes surfaces, ce qui rend difficile l’identification du lien entre les différentes traces trouvées et les voies de déplacement. Les données matérielles étant rares, l’étude de ce phénomène, du point de vue archéologique, a été négligée dans le passé. Ce n’est que ces dernières années que l’archéologie a commencé à s’intéresser au pastoralisme, grâce à une méthode d’étude multidisciplinaire, dynamique et intégrée en faisant dialoguer l’archéologie avec l’ethnoanthropologie, l’histoire, la géographie, la toponymie, l’archéozoologie, les nombreuses archéométries et disciplines utiles à l’étude du paléoenvironnement.
Contrairement aux recherches récemment menées dans d’autres contextes italiens, l’étude archéologique de la transhumance en Toscane n’a, jusqu’à présent, reçu que très peu d’attention malgré l’importance que le phénomène du pastoralisme itinérant et de la transhumance a eue dans l’économie de cette région à travers les époques. La synergie entre les archéologues, les historiens et les anthropologues du département des Sciences historiques et du Patrimoine culturel de l’Université de Sienne a permis de développer un projet visant à systématiser les informations connues et à faire avancer la recherche par des enquêtes sur le terrain à cette fin. En particulier, l’étude sur la transhumance, à travers une approche multidisciplinaire et diachronique, permet d’explorer le phénomène en mettant en évidence sa continuité et les changements qui se sont produits au fil du temps, de l’époque contemporaine en remontant jusqu’à ses origines.
Le plus grand défi sur le plan archéologique consiste à identifier les indicateurs de la transhumance, non seulement matériels mais aussi immatériels, à même de témoigner de ces formes spécialisées d’élevage qui ont commencé à se développer dès la Préhistoire. En resituant ces indicateurs dans les différentes zones géographiques, il est possible de retracer les parcours des voies de passage et le façonnage millénaire du paysage.
L’archéologie recherche dans le sol principalement des indices liés à la culture matérielle concernant le soin des animaux et la transformation de leurs produits, ainsi que des vestiges d’abris de troupeaux, de cabanes ou de lieux de culte pastoral. Une contribution fondamentale en complément de l’investigation de ce phénomène est apportée par les disciplines historiques, avec l’étude des documents d’archives et de la cartographie historique, ainsi que les enseignements tirés de la documentation iconographique. Ces documents permettent de comprendre la formation et l’évolution de l’ensemble des règles qui ont régi le développement de l’économie de notre région du Moyen Âge à l’époque moderne. Les disciplines ethnoanthropologiques contribuent elles aussi de manière cruciale à la connaissance de la transhumance dans ses phases historiques les plus récentes. Ainsi, la culture matérielle, constituée des outils, produits et des structures d’élevage, s’enrichit de la tradition orale. À noter, la précieuse contribution des entretiens avec les derniers bergers transhumants du siècle dernier qui fournissent des informations importantes sur les itinéraires et les modes de marche, les haltes et les relations sociales qui caractérisaient les parcours de la transhumance.
Le travail de reconstitution de la transhumance toscane a accordé une attention particulière à la halte hivernale représentée par la Maremme et en particulier la zone de l’Uccellina, carrefour de nombreux itinéraires régionaux.
Ici, en plus de la toponymie clairement rattachée à la présence généralisée de ce phénomène, on trouve effectivement de nombreux indicateurs archéologiques qui documentent l’élevage itinérant et la transhumance, tels que des lieux de culte dédiés aux divinités pastorales, des structures d’abri pour les hommes et les animaux, et des traces d’activités de production, quoique collatérales comme la production de sel.
En partant du lieu d’hivernage, les témoignages archéologiques ont permis d’entreprendre l’étude des parcours qui partaient d’ici pour rejoindre l’intérieur des terres jusqu’aux hauteurs du Monte Amiata et des Apennins, en définissant la trajectoire des anciennes routes de la transhumance.
Les données acquises et les travaux d’élaboration encore en cours ont été rassemblés dans le cadre d’une exposition mettant en évidence les résultats obtenus jusqu’à présent.
L’exposition temporaire «En transhumance : communautés, itinéraires et cultures de la transhumance, entre archéologie, anthropologie et histoire» illustre cette approche méthodologique à travers des textes, des images et des supports multimédias articulés autour de 10 totems thématiques.
L’exposition est née de la synergie entre la Région Toscane, le département des Sciences historiques et du Patrimoine culturel DSSBC de l’Université de Sienne avec la coordination du Laboratoire de Préhistoire et le Musée d’Archéologie et d’Art de la Maremme (MAAM) dans le cadre du projet CAMBIOVIA (PC IFM 20142020) et raconte les itinéraires que les hommes et les troupeaux ont parcouru pendant des millénaires, se déplaçant entre les terres de la Maremme et des Apennins: la Via del Casentino, la Via dei Biozzi et la Via Aldobrandesca.
Le parcours de visite comprend des QR codes pour obtenir des informations thématiques approfondies et des renvois aux collections du MAAM, des Archives des traditions populaires de la Maremme et du Museolab, dans l’optique d’une exposition généralisée visant à promouvoir la connaissance du territoire.

Giovanna Pizziolo et Nicoletta Volante
Département des Sciences
historiques et du Patrimoine culturel – Université de Sienne

Un pannello della mostra allestita a Grosseto

La mostra in Garfagnana

“Montagne che migrano”, un flash sulla transumanza dell’alta Toscana fra passato e futuro
“Montagne che migrano. La transumanza in Garfagnana e nella Valle del Serchio” è il titolo della mostra esposta la scorsa estate in Garfagnana a Sillico e a San Pellegrino in Alpe, presso il Museo Etnografico Provinciale “Don Luigi Pellegrini”, da Lucia Giovannetti con la collaborazione di Pietro Luigi Biagioni, nell’ambito del progetto CamBioVia (grafica Emmedodici, stampa Colorè s.n.c. Lucca).
Articolata in dieci pannelli, con il corredo di testi, cartografia, foto d’epoca e attuali, illustra e sintetizza un fenomeno socio-economico e culturale di così vasta portata da aver caratterizzato, dalla notte dei tempi, tutta la storia della recondita vallata montuosa del fiume Serchio, racchiusa fra le Alpi Apuane e l’Appennino tosco-emiliano, nella parte settentrionale della provincia di Lucca.
Il fenomeno della transumanza, attraverso il quale i pastori dei paesi più alti di questa area raggiungevano la Maremma per garantire in inverno il foraggio necessario alle numerose greggi, ha modellato il paesaggio e tracciato strade, ma ha anche permesso un’integrazione secolare fra gli abitanti della montagna e quelli della pianura, almeno fino alla metà del secolo scorso quando è venuta meno.
Se è vero che oggi la transumanza, pressoché scomparsa nella sua dimensione orizzontale di lunga distanza, è riconosciuta patrimonio culturale immateriale dell’umanità dall’UNESCO, è altrettanto vero che la conoscenza su questo argomento deve essere ampliata e proposta ad un pubblico eterogeneo (dai locali ai turisti, passando per i giovanissimi in età scolare). A tal fine la mostra intende tracciare un quadro di contestualizzazione geografica, storica, archeologica ma anche etnografica del fenomeno, grazie anche alle fonti orali raccolte fra gli ultimi suoi diretti testimoni, fonti particolarmente fragili in quanto destinate a perdersi con la scomparsa dei loro stessi depositari.
I dieci pannelli ci permettono così di intraprendere idealmente il cammino stagionale nella vita dei pastori nei secoli scorsi: la partenza a settembre verso le pianure maremmane, il rientro nei borghi di origine nella tarda primavera, quindi la progressiva salita verso gli alpeggi e i pascoli dei crinali apuani e appenninici, sempre alla costante ricerca dell’erba migliore.
Le cosiddette strade dell’alpe utilizzate per raggiungere le praterie estive occupano un posto significativo nel percorso espositivo perché rappresentano un patrimonio materiale affascinante, degno di nota e conservazione. Sono infatti i tracciati della transumanza verticale (che congiungevano e tuttora congiungono i borghi storici alle rispettive capanne e praterie di alpeggio) ad essere maggiormente conservativi rispetto a quelli di pianura. Alle quote superiori agli 800 m (slm) i selciati stradali, alcuni addirittura di origine medievale, non sono stati fortunatamente cancellati dall’asfalto e dalla rapida trasformazione dei paesaggi: rimangono a testimonianza degli spostamenti antichi dell’uomo e della centralità economica che un tempo possedeva la montagna. Potrebbero, queste stesse vie storiche, ma non senza una presa di coscienza collettiva, ritornare ad essere valorizzate e significative per il territorio nella sua complessità, magari a ri-accogliere i passi di una “nuova” pastorizia montana, incentrata sul benessere animale e l’alta qualità dei prodotti da essa derivati.
In sintesi, i dieci pannelli di questa mostra, propongono una visione d’insieme del fenomeno della transumanza coniugando fonti materiali e documentarie, etnografiche, orali e visive, fornendo all’osservatore la suggestione di quanto il paesaggio montano della Garfagnana e della Valle del Serchio sia ancora ricchissimo delle testimonianze lasciate in esso dai pastori e dalla pratica del pascolo vagante.

Lucia Giovannetti
Irta-Leonardo Pisa

L’exposition à Garfagnana

«Montagne che migrano»: coups de projecteur sur la transhumance dans le nord de la Toscane, entre passé et futur
«Des montagnes qui migrent. La transhumance en Garfagnana et dans la vallée du Serchio», tel est le titre de l’exposition réalisée en juillet dernier par Lucia Giovannetti en collaboration avec Pietro Luigi Biagioni, dans le cadre du projet CamBioVia (graphisme Emmedodici, impression Colorè s.n.c. Lucca).

Composée de dix panneaux d’exposition, accompagnés de textes, de cartographies, de photos d’époque et actuelles, elle illustre et résume un phénomène socioéconomique et culturel d’une grande ampleur au point de caractériser, depuis la nuit des temps, toute l’histoire de la secrète vallée montagneuse du fleuve Serchio, enclavée entre les Alpes apuanes et les Apennins toscanoémiliens, dans la partie nord de la province de Lucques.
Le phénomène de la transhumance, selon lequel les bergers des villages les plus élevés de cette zone rejoignaient la Maremme afin de pouvoir garantir en hiver le fourrage nécessaire à leurs nombreux troupeaux, a façonné le paysage et tracé des routes, mais a également permis une intégration séculaire entre les habitants de la montagne et ceux de la plaine, du moins jusqu’au milieu du siècle dernier où elle a disparu.
S’il est vrai qu’aujourd’hui la transhumance, qui a quasiment disparu dans sa dimension horizontale de longue distance, est reconnue comme patrimoine culturel immatériel de l’humanité par l’UNESCO, il est tout aussi vrai que les connaissances à son sujet doivent être élargies et proposées à un public hétérogène (des locaux aux touristes, en passant par les très jeunes tels que les écoliers). À cette fin, l’exposition vise à tracer un cadre de contextualisation géographique, historique, archéologique mais aussi ethnographique du phénomène, notamment grâce aux sources orales recueillies auprès de ses derniers témoins directs, des sources particulièrement fragiles dans la mesure où elles sont destinées à se perdre après la disparition de leurs propres dépositaires.
Les dix panneaux permettent ainsi d’entreprendre idéalement le voyage saisonnier au coeur de la vie des bergers des siècles passés: le départ en septembre vers les plaines de la Maremme, le retour aux villages d’origine à la fin du printemps, puis l’ascension progressive vers les pâturages et les estives perchés sur les crêtes apuanes et apennines, toujours à la recherche de la meilleure herbe.
Les routes alpines empruntées pour rejoindre les pâturages d’été occupent une place importante dans l’exposition, en ce qu’elles constituent un patrimoine matériel fascinant, digne d’être mentionné et préservé. En effet, ce sont les itinéraires de la transhumance verticale (qui reliaient et relient encore aujourd’hui les villages historiques à leurs cabanes et pâturages) qui tendent à être davantage préservés que ceux des plaines. À des altitudes supérieures à 800 m (a.s.l.), les chemins, dont certains remontent même au MoyenÂge, n’ont heureusement pas été effacés par l’asphalte et la transformation rapide du paysage: ils restent le témoignage des anciens déplacements de l’homme et du rôle économique central des montagnes jadis. Ces mêmes parcours historiques pourraient, non sans une prise de conscience collective, être revalorisés et redevenir significatifs pour le territoire dans sa complexité, ils pourraient peutêtre réaccueillir les pas d’un «nouveau» pastoralisme de montagne, axé sur le bienêtre animal et la haute qualité des produits qui en découlent.
En résumé, les dix panneaux de cette exposition offrent une vue d’ensemble sur le phénomène de la transhumance, en rassemblant des sources matérielles et documentaires, ethnographiques, orales et visuelles, suggérant à l’observateur combien le paysage de montagne de la vallée de la Garfagnana et du Serchio est encore très riche des témoignages laissés par les bergers et la pratique du pâturage itinérant.

Lucia Giovannetti
Irta‐Leonardo Pisa

I pannelli della mostra “Montagne che
migrano” allestita in Garfagnana

Dai monti al mare, lo stretto legame tra il Casentino e la Maremma

Per custodire e salvaguardare questo patrimonio l’Ecomuseo del Casentino, promosso dall’Unione dei Comuni ha dedicato una specifica antenna
“Per fare un buon maremmano: uomo del Casentino e donna di Scansano”. Così recita un detto, forse presente anche in altri contesti, a conferma della forte relazione tra i due territori, risultato di secoli di reciproci scambi e contaminazioni. Nel tempo insieme agli armenti hanno viaggiato parole, piatti, prodotti, usi e tradizioni, lavoranti e attrezzi, saperi e affetti. Nonostante la rimozione socio-culturale di cui soffre il mondo pastorale, sopravvivono ancora oggi, frammenti, reminiscenze e consuetudini che ci testimoniano del ruolo e del valore della transumanza nella costruzione della cultura locale. Significative le fonti e i numeri che avvalorano questo fenomeno. Alla fine del Settecento, il granduca Pietro Leopoldo nelle sue Relazioni sul governo della Toscana afferma che: «…la montagna che circonda il Casentino è tutta piena di ottime pasture ove stanno le pecore ed altri bestiami che poi vanno l’inverno in Maremma unitamente ad una parte degli abitanti». La consistenza del patrimonio zootecnico ovino del territorio, secondo Attilio Zuccagni Orlandini, nei primi anni Trenta dell’Ottocento ammontava a 70.000 capi ovini e 4.000 caprini, scesi a 54.609 ovini e 1.083 caprini negli anni Trenta del Novecento (Guido Pontecorvo, Pratomagno e Appennino Casentinese, 1932).
Per custodire e salvaguardare questo patrimonio l’Ecomuseo del Casentino, promosso dall’Unione dei Comuni, ha dedicato una specifica antenna presso il paese di Raggiolo (Ortignano Raggiolo). Un presidio culturale e insieme un laboratorio per iniziative e progetti. Non ultimo la creazione di uno specifico itinerario escursionistico realizzato recentemente in Pratomagno come occasione concreta per ricucire e valorizzare l’antico reticolo delle vie della transumanza.
Info: www.ecomuseo.casentino.toscana.it

Andrea Rossi
Ecomuseo del Casentino
Unione dei Comuni Montani del Casentino

Raggiolo, Ortignano Raggiolo

De la montagne à la mer. Le lien étroit entre le Casentino et la Maremma

Afin de préserver et sauvegarder ce patrimoine, l’écomusée du Casentino, initié par l’Union des communes, a créé une antenne spécifique
“Pour faire un bon habitant de la Maremme: il faut un homme du Casentino et une femme de Scansano”.
C’est ce que dit le dicton, qui existe peutêtre également dans d’autres contextes, et qui confirme la forte relation entre les deux territoires, fruit de siècles d’échanges et de contaminations réciproques.
Au fil du temps, les mots, les plats, les produits, les coutumes et les traditions, les travailleurs et les outils, les connaissances et les affections ont voyagé avec les troupeaux. Malgré le retrait socioculturel subi par le monde pastoral, des fragments, des réminiscences et des coutumes survivent encore aujourd’hui, témoignant du rôle et de la valeur de la transhumance dans la construction de la culture locale. Un bon nombre de sources et de chiffres viennent confirmer ce phénomène.
À la fin du XVIIIe siècle, le grandduc Pietro Leopoldo déclarait dans ses «Rapports sur le gouvernement de la Toscane» que: «… les montagnes autour du Casentino abondent d’excellents pâturages où l’on élève des brebis et d’autres animaux d’élevage, qui partent ensuite en hiver dans la Maremme avec certains des habitants».
Selon Attilio Zuccagni Orlandini, au début des années 1830, le cheptel ovin de la région s’élevait à 70 000 moutons et 4 000 chèvres, pour tomber à 54 609 moutons et 1 083 chèvres dans les années 1930 (Guido Pontecorvo, Pratomagno e Appennino Casentinese, 1932).
Afin de préserver et sauvegarder ce patrimoine, l’écomusée du Casentino, initié par l’Union des communes, a créé une antenne spécifique dans le village de Raggiolo (Ortignano Raggiolo).
Il s’agit à la fois d’un centre culturel et d’un laboratoire d’initiatives et de projets. Enfin mais pas des moindres, la création d’un itinéraire de randonnée spécifique, récemment aménagé à Pratomagno, représente une opportunité concrète de recoudre et de mettre en valeur l’ancien réseau des routes de la transhumance.
Pour plus d’informations: www.ecomuseo.casentino.toscana.it

Ecomuseo del Casentino

Andrea Rossi
Écomusée du Casentino
Union des communes de montagne du Casentino