Intervista ad Elena Servi presidente dell’associazione ‘La piccola Gerusalemme’, che con una semplicità straordinaria racconta la storia della comunità ebraica di Pitigliano. Molti i temi affrontati da una donna minuta, ma dalla forza ammirabile, che, nonostante tutto, combatte ancora, e verosimilmente con più veemenza, per il futuro
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DI LORENZO MANTIGLIONI
Una religione, decine di origini diverse. Il linguaggio dell’ebraismo, un po’ come l’amore, lo si comprende in tutte le lingue del mondo. Un popolo, una confessione, ma un mare di diversità sociali, culturali e geografiche. La storia del popolo ebraico parte da lontano. Inizia dalla fuga dall’Egitto, passa per la Palestina, sanguina nei campi di concentramento ed, infine, arriva a noi. Ecco, proprio perché è qui, nel presente, abbiamo la fortuna di poterci avvicinare. Dialogare, studiare, per capire la bellezza dell’ebraismo e del suo “irriducibile” popolo.
È bastato poco tempo, qualche minuto, mentre parlavo con Elena Servi, presidente dell’associazione ‘La piccola Gerusalemme’, per afferrare la forza e il cuore delle sue parole. “Sono un’insegnante in pensione e una donna semplice” si descrive con un sorriso genuino. Una signora che, nell’arco della sua vita, ha vissuto tanto. Una donna che ha visto sia i momenti più rosei del nostro Paese – e della comunità ebraica – ma anche il volto più nero: quello delle leggi razziali del 1938.
Elena Servi racconta, grazie alla sua cultura, con invidiabile semplicità la storia del popolo ebraico nella nostra provincia di Grosseto. Più nello specifico, quella di Pitigliano. Le sue parole toccano inevitabilmente molti temi, parte dal passato per arrivare al presente, ed è davvero ammirabile la forza di questa donna che, nonostante tutto, combatte ancora, e verosimilmente con più veemenza, per il futuro.
“La comunità si insediò nella seconda metà del ‘500, perché fuggì dalla ghettizzazione romana. La famiglia degli Orsini, che allora governava questa zona, ci ospitò ben volentieri. Ci tengo a precisare che la nostra accoglienza fu enormemente vantaggiosa per Pitigliano. Noi eravamo artigiani e commercianti con buone capacità nell’ampliare i margini dello sviluppo economico.
È anche vero che la vita, potremmo dire pacifica e armoniosa, subì una battuta di arresto con i Medici – quando presero il controllo dell’area. Furono aperti i ghetti e noi fummo messi ai margini della società. Successivamente, grazie ai Lorena, le cose migliorarono notevolmente. Un aneddoto al quale tengo molto, emblema dell’aiuto che gli ebrei fornirono a Pitigliano, è quello dell’ingegnere Temistocle Sadun. Egli fu colui che portò nel nostro paese, verso la fine dell’800, un impianto di luce elettrica. Lo stesso palazzo comunale pitiglianese è stato progettato dall’ingegnere in questione, così come altre opere pubbliche. Anche lui, come molti altri ebrei, durante le leggi razziali fu radiato dall’albo professionale”…