4 novembre 1966/4 novembre 2016, cinquant’anni fa l’alluvione a Grosseto

4 novembre 1966/4 novembre 2016, cinquant’anni fa l’alluvione a Grosseto

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Entrano nel vivo le celebrazioni “Ombrone 2016” sul filo conduttore “La storia di una tragedia, la forza di un popolo”, messe a punto dalla Prefettura di Grosseto insieme al Comune capoluogo e al Consorzio Bonifica 6 Toscana Sud, con altri partner pubblici e privati, per ricordare il 50esimo anniversario dell’alluvione del 1966 a Grosseto

Tanti gli eventi in programma anche questo mese tra cui la mostra già inaugurata presso l’Archivio di Stato dal titolo “L’Ombrone e altri fiumi. Breve storia delle alluvioni in Maremma” che durerà fino al 31 dicembre

di Rossano Marzocchi

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Ci siamo. Novembre richiama con sé, tra le tante commemorazioni, anche una in particolare, specialmente per i maremmani. Si tratta dell’alluvione del 1966, quella stessa che travolse la città di Grosseto e che passò in sordina sui notiziari nazionali perché “oscurata” dalla tragedia fiorentina dell’Arno. In effetti c’è da dire che a Grosseto ci fu una sola vittima, aggiungiamo con dolore e al tempo stesso per fortuna, dato che negli ultimi anni le alluvioni che hanno travolto la Maremma, al di fuori del perimetro cittadino, hanno causato numerose, troppe vittime.

Ma il rapporto tra uomo e natura, tra i grossetani e il fiume Ombrone, è stato al centro di un evento commemorativo – inserito nell’ambito del cartellone di eventi “Ombrone 2016” promosso per celebrare il cinquantesimo anniversario dell’alluvione a Grosseto del 4 novembre 1966 –, costituito da una mostra cartografica (“L’Ombrone e altri fiumi. Breve storia delle alluvioni in Maremma” il titolo) e da un convegno organizzato recentemente dall’Archivio di Stato di Grosseto, i cui lavori sono stati aperti dalla direttrice dello stesso Archivio Maddalena Corti.
Si è trattato di un percorso culturale, come ha detto la Corti, volto sia a valorizzare le fonti archivistiche che le testimonianze di allora e, al tempo stesso, utile per trasmettere questa memoria alle nuove generazioni.
Proprio nel segno della memoria, al convegno era presente il labaro con una delegazione dei Vigili del Fuoco che furono i protagonisti nel 1966 di un’immane opera di soccorso. Uno di loro, Guido Caciagli, che durante l’alluvione era in servizio nei Vigili del Fuoco di Grosseto, ha proiettato una serie di fotografie inedite del periodo, portando la sua appassionata e diretta testimonianza.
Tra i racconti dei protagonisti di allora, anche quello del questore emerito Pasquale Sposato, che allora prestava servizio in città, il quale ha ricordato l’assistenza agli alluvionati, che gestì assieme alla moglie, la dottoressa Alessandra Barbantini, funzionario di polizia.
Di grande interesse, di fronte ad un numeroso pubblico, compatto e attento fino alla fine, la relazione dell’architetto Pietro Pettini sulle alluvioni in Maremma, a partire da quella del 1318 e sugli interventi effettuati sul fiume, a cominciare dai Medici che edificarono un bastione sugli argini a protezione della città e poi la storia recente, di cui anche chi scrive è stato testimone.
La mostra sulle alluvioni all’Archivio resterà aperta fino al 31 dicembre. Per tutta la sua durata, inoltre, sarà possibile effettuare visite guidate su richiesta e vedere un interessante filmato sul tema, realizzato da cittadini appassionati di storia locale.

L’Ombrone e la città: una storia di amore e odio
“La pianura alluvionale ha nella sua definizione geologica la spiegazione più esplicita del rischio di esondazione per la città di Grosseto. Una pianura nata e formata dal fiume Ombrone con le sue piene millenarie, avvenuta in modo sia naturale che artificiale”. È il contenuto della relazione dell’architetto Piero Pettini presentata all’Archivio di Stato in occasione della mostra sull’alluvione. Infatti, con le grandi bonifiche lorenesi, di inizio ‘800, attraverso la costruzione dei due “diversivi” furono deviate le acque limacciose e torbide del fiume Ombrone (il maggiore fiume italiano per trasporto solido) verso il lago Prile al fine di colmarlo con i depositi di limo, argilla e sabbie.
Una trasformazione durata più di 100 anni che ha restituito una pianura agricola sulla quale l’appoderamento dell’Opera Nazionale Combattenti (nella zona a sud del fiume negli anni trenta del ‘900) e dell’Ente Maremma (con la riforma agraria del secondo dopoguerra nella zona settentrionale) hanno inciso profondamente sia nel processo di sviluppo economico che paesaggistico.
Il nuovo territorio, che si è così formato, ha però la caratteristica di trovarsi a quote pari a quelle del mare (la piccola “Olanda”) che, per poter sgrondare le acque piovane, necessita di canali pensili e di un sistema di idrovore per superare l’ostacolo del tombolo costiero (sistema di dune formatesi, dal punto di vista geologico, recentemente).
Si è così costituito nel 1928 il Consorzio di Bonifica che gestisce e mantiene idraulicamente l’intero sistema.
La pianura e la città di Grosseto (nata tra il VII e VIII sec. su un rialto di depositi alluvionali formati alcuni millenni prima dal fiume) nel corso del tempo sono state coinvolte da tantissime piene di cui si ricordano, tra le più antiche, quelle del 1318 e del 1333 quando il fiume Ombrone, con il salto del meandro, si allontanò dalla città di oltre un chilometro (assumendo all’incirca la posizione attuale) facendo così perdere alla città il suo ruolo di porto fluviale e di conseguenza anche il suo primato economico.
Nel settecento (un periodo di grande freddo e d’intense precipitazioni torrenziali – “la piccola era glaciale” con l’intensità massima tra il 1638 e il 1779) le piene si susseguirono ripetutamente fino a rendere del tutto insufficiente l’argine mediceo, detto “bastione”, costruito nel 1603 per la difesa della città.
Così nell’800 fu progettato un nuovo argine che a seguito dell’intervento di Bettino Ricasoli (il “barone di ferro” divenuto nel 1861 Primo Ministro dell’Italia sabauda), per tenere fuori dalla golena le proprie terre delle fattorie di Gorarella e di Grancia, determinerà quella strozzatura del fiume, nei pressi del “ponte Mussolini”, che ha provocato tanti danni alla città e alle sue campagne.
L’argine del “motel dell’Agip” è così diventato, nel momento delle piene del fiume, una vera e propria diga che si pone trasversalmente al normale deflusso delle acque, che nel 1944 e nel 1966 non ha retto alla forza delle piene limacciose. Le ultime due disastrose alluvioni hanno avuto origine proprio da questa conformazione dell’argine e della strettoia del ponte che costituiscono entrambe un “imbuto” insuperabile.
In questi ultimi anni i lavori di messa in sicurezza del fiume si sono concentrati proprio su questa “diga” per renderla più sicura (rinforzata con terra sia in larghezza che in altezza) e stabile (con palificate, massicciate e impermeabilizzazioni) resistendo in questi ultimi anni a piene superiori a quella del 1966.
È in ragione di questa storia, di questa geologia e di questa idrografia che noi grossetani abbiamo un atteggiamento di “odio e amore” per il nostro fiume. “Odio” perché non possiamo permetterci di abbassare la guardia in rapporto al pericolo e al rischio di altre alluvioni (che non possono essere del tutto sconfitte) e di “Amore” per la bellezza naturalistica e paesaggistica ma anche per le prospettive ludiche, sportive e ricreative che il fiume poterebbe restituirci quotidianamente.

“Ombrone 2016”, ancora tanti eventi in calendario
Ma la mostra inaugurata all’Archivio di Stato è solo uno dei tanti eventi del cartellone “Ombrone 2016” promosso dalla Prefettura di Grosseto insieme al Comune capoluogo e al Consorzio Bonifica 6 Toscana Sud, con altri partner pubblici e privati, per ricordare il 50esimo anniversario dell’alluvione che nel 1966 colpì Grosseto, con l’esondazione del fiume Ombrone. Esposizioni, convegni, spettacoli teatrali, incontri nelle scuole, presentazioni di libri, visite guidate, concerti e altro, sono al centro di un percorso in ricordo di quel drammatico 4 novembre che inaugurato il 22 settembre andrà avanti fino al 2017.
“La storia di una tragedia, la forza di un popolo” questo il filo conduttore del progetto nel quale oltre a Comune, Prefettura e Bonifica, sono coinvolti la Regione Toscana, la Banca della Maremma, l’Archivio di Stato di Grosseto, i Comuni di Castiglione della Pescaia, Cinigiano, Buonconvento e Asciano, la Polizia di Stato, i Carabinieri, la Guardia di Finanza, il Corpo Forestale, la Cri, il Parco della Maremma, il Rotary Club di Grosseto, l’Acquedotto del Fiora, il Polo Universitario di Grosseto, la Fondazione Grosseto Cultura, la Pro Loco di Grosseto, Uscita di Sicurezza, gli ordini professionali degli Ingegneri, degli Architetti, dei Geologi e dei Geometri, Archivio delle tradizioni popolari, Alcedo, Gli Anta, Archivio fratelli Gori.
Numerosissimi gli appuntamenti proposti in città e in altre località della Maremma. Il programma è nella pagina a fianco.

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