L'EDITORIALE DEL NR. 2 DI APRILE 2019
DI CELESTINO SELLAROLI
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Il turismo enogastronomico è un fenomeno in continua crescita. Se nel 2016 solo il 21% degli italiani risultava interessato a questo tipo di turismo, nel 2018 – dopo il già forte incremento del 2017 (30%) – il dato è più che raddoppiato arrivando al 45%. Ebbene sì, sono sempre di più i turisti che si mettono in viaggio con questa motivazione, al punto che nel corso degli ultimi anni il ruolo dell’enogastronomia nel turismo è profondamente cambiato, sia sul fronte del comportamento dei viaggiatori, sia su quello della proposta.
È questo uno degli elementi che salta all’occhio analizzando il corposo studio di 433 pagine realizzato da Roberta Garibaldi presentato ad inizio anno a Milano presso la sede del Touring Club Italiano. Parliamo del Rapporto sul Turismo enogastronomico italiano, la più completa e autorevole ricerca sul settore che restituisce un quadro dettagliato di questo segmento turistico e ne delinea le principali tendenze dal punto di vista della domanda e dell’offerta.
La seconda edizione, sotto la supervisione scientifica della World Food Travel e dell’Università degli studi di Bergamo, gode del patrocinio del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, di ENIT – Agenzia Nazionale del Turismo, Federculture, ISMEA, Fondazione Qualivita e Touring Club Italiano, oltre ad aver visto la collaborazione di docenti di Università italiane ed esperti del settore.
Per Roberta Garibaldi, “si tratta di un dato importante, che non solo certifica la crescente rilevanza di questo segmento turistico tra i viaggiatori del Belpaese, ma che deve diventare un forte elemento di attenzione per tutte le destinazioni italiane, per stimolare un’offerta eno-gastro-turistica sempre più strutturata”.
In primis una precisazione terminologica che arriva dalla stessa autrice del rapporto. Per “turismo enogastronomico” si intende “un viaggio dedicato alla scoperta dei sapori locali che porta ad acquisire il senso del luogo. Non è quindi il semplice acquisto di prodotti locali o il mangiare piatti tipici; è un turismo di esperienza, che dal cibo, dal vino, dalla birra, ecc. conduce ad una maggiore consapevolezza del luogo e della sua identità”. Per contro il “turista enogastronomico – precisa ancora l’autrice – è un turista che ha svolto almeno un viaggio con pernottamento di cui l’enogastronomia ha rappresentato la principale ragione di viaggio”.
Sempre dal rapporto emerge che nella scelta della destinazione, il 59% dei turisti italiani valuta come importante o importantissima la presenza di un’offerta enogastronomica e di esperienze tematiche. Ulteriori elementi considerati nel processo decisionale sono la qualità delle produzioni, la sostenibilità di strutture ed eventi e la disponibilità di prodotti biologici.
L’enogastronomia viene quindi a configurarsi come un elemento di interesse trasversale, con una sua capacità attrattiva potenzialmente in grado di influenzare le scelte di viaggio dei turisti italiani. Tuttavia, nel caso tale scelta sia in origine orientata verso una meta enogastronomica, questo aspetto viene contemplato e valutato insieme ad altri elementi. I più rilevanti risultano essere la bellezza della luogo da visitare, la sua cultura e le tradizioni. A ciò si aggiungono la presenza di attrazioni naturali e la qualità del paesaggio.
Dal rapporto risulta ancora che il 92% dei turisti enogastronomici che ha svolto una vacanza con questa motivazione primaria negli ultimi tre anni ha scelto una località del Belpaese.
Fra le regioni più apprezzate dai turisti italiani per una vacanza enogastronomica figurano la Sicilia, l’Emilia Romagna, la Puglia e la Toscana.
Già, ma perché parliamo di turismo enogastronomico? Perché in questo ambito la Maremma ha tanti plus e può dire la sua. Bellezze naturali ed eccellenze agroalimentari qui di certo non mancano, al punto che questo angolo di Toscana ben si presta a sintetizzare il concetto di “paesaggio enogastronomico” (che sempre più va affermandosi) inteso come quell’insieme di cultura, persone, ambiente, attività e prodotto tipico, che il turista italiano prende sempre più in considerazione quando sceglie la meta del suo prossimo viaggio.
E tra le mete di un turismo enogastronomico la Maremma può rientrarci a pieno titolo per tutto ciò che è in grado di offrire a patto che giochi meglio alcune delle sue carte, come ad esempio quella della presenza delle produzioni enologiche locali nella ristorazione, due mondi questi ancora tanto (troppo) distanti tra loro. Il viaggio, come emerge dalle considerazioni fatte, è un’esperienza che deve trovare anche a tavola uno dei suoi momenti topici. Ma se proprio a tavola queste produzioni enologiche locali (e più in generale piatti e/o prodotti tipici) non si trovano ecco che allora tutto l’impianto crolla.
I latini usavano l’espressione “nemo profeta in patria” per indicare la difficoltà delle persone ad emergere in ambienti a loro familiari. Ed è un po’ quello che succede da queste parti con i vini autoctoni che faticano a farsi strada nei nostri ristoranti.
Terreno questo nel quale si potrebbe e dovrebbe fare molto di più, perché la prima pubblicità si fa sul territorio. E pensare di essere credibili agli altri se non lo si è neppure con sé stessi è impresa ardua, per non dire impossibile…