Convivere con il Covid 19…

Convivere con il Covid 19…

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L'EDITORIALE DEL NR. 8 DI OTTOBRE 2020
DEL DIRETTORE CELESTINO SELLAROLI

Positivi, contagiati, tamponi, pandemia, vaccini, sintomi, terapie, mascherine. Ormai non si parla d’altro da mesi. Il virus sta colpendo – e sta seguitando a farlo, anche a livello psicologico – tutto e tutti. Inutile negarlo. Basta accendere la tv o leggere i giornali per rendersi conto di quanto ancora imperante sia questo tema che ci affligge da inizio anno e che continua (per quanto?) a dominare la top ten delle notizie sui media, sui social e nella vita reale. Sullo sfondo una domanda che tutti si fanno e che è già diventata un refrain: ci sarà o no la seconda ondata? Chissà. C’è chi la nega, chi se l’aspetta, chi la gufa. E c’è anche, addirittura, chi tifa perché arrivi solo per dimostrare che aveva ragione… E poi c’è chi – sempre più disorientato – non sa proprio più a chi dare retta…
Oggi a dominare la scena è il bollettino di guerra che ogni giorno arriva dalla Protezione Civile che dà il quadro quotidiano dell’evoluzione della situazione in Italia. Ovviamente, tutte le attenzioni si concentrano sul numero dei positivi, tralasciando tutto il resto, come ad esempio il rapporto rispetto ai tamponi fatti. E soprattutto il decorso della malattia nel soggetto colpito da Covid.
La sensazione è che si considerino i positivi un po’ come erano considerati nel periodo di Tangentopoli gli inquisiti che ricevevano un avviso di garanzia: per loro la condanna era già scritta con il semplice avvio di un’indagine a loro carico, prima ancora di qualsiavoglia processo e prima ancora – figuriamoci – di una qualsivoglia condanna passata in giudicato. Si era colpevoli. Punto e basta. E lo si era a prescindere, per il solo fatto di aver ricevuto un avviso di garanzia. Oggi succede qualcosa di analogo con il Covid 19. Per tanti la positività significa sinonimo di malattia che non dà scampo e che ti fa finire ineluttabilmente, prima in terapia intensiva e poi all’altro mondo.
Ma le cose stanno davvero così? Qual è la situazione allo stato attuale?
Difficile dare delle risposte certe, perché il quadro, già complicato di per sé, è ulteriormente aggravato dagli “esperti” che parlano, parlano, parlano… spesso e volentieri, contraddicendosi a vicenda, dimenticandosi dei danni che provocano nell’opinione pubblica, sempre più spaesata, confusa e incapace di capire. Il mondo ormai è diviso in due categorie di soggetti che definire fazioni è pure riduttivo. Da una parte i catastrofisti, quelli terrorizzati, quelli che guardano ogni giorno al numero dei positivi (letti sempre… in negativo) ed equiparano il contagio ad una condanna a morte, esattamente come facevano – si diceva prima – i giustizialisti rispetto agli indagati che ricevevano un avviso di garanzia e che solo per questo erano considerati colpevoli. Dall’altra parte ci sono quelli definiti con disprezzo dai primi “negazionisti” e/o “complottisti”, che arrivano a negare l’esistenza di una pandemia e che considerano tutta questa vicenda una macchinazione montata ad arte per soggiogarci, per controllarci, per privarci della nostra libertà per finalità meramente politiche, tese alla conservazione e gestione del potere attraverso il controllo delle masse.
In mezzo ci sono quelli che potrebbero essere definiti i “responsabili”, quelli che non negano niente, che hanno ben chiara la situazione, che hanno un profondo rispetto per gli oltre 35.000 morti, che adottano le precauzioni indicate (soprattutto la mascherina ed il distanziamento), ma che al tempo stesso vorrebbero avere informazioni certe, vorrebbero capire come si convive oggi con questo terribile virus, possibilmente in maniera serena, senza vedere trasformata una legittima preoccupazione in allarme continuo o, peggio, in terrore paralizzante che non serve a niente. Persone che oltre agli aspetti sanitari guardano anche alle dinamiche economiche e che magari, non avendo un reddito sicuro a fine mese, ma vivendo di impresa, devono anche pensare a come portare a casa la pagnotta [Per inciso, secondo un’analisi del Centro studi e servizi della Camera di commercio della Maremma e del Tirreno che ha estrapolato i dati da due indagini svolte sulle aziende del territorio dal sistema informativo Excelsior nel periodo tra fine maggio e luglio, circa il 90% delle imprese di Livorno e Grosseto dichiara di aver subito conseguenze negative per gli effetti della pandemia da Coronavirus. Nel dettaglio, il Centro studi spiega che a Livorno l’88,5% del campione ha registrato danni economici per la pandemia, e tra queste aziende il 60% prevede di poter cominciare a recuperare le perdite subite solo a partire dai primi mesi del 2021, mentre a Grosseto, la quota di aziende che dichiara cali di fatturati per il Covid è, invece, pari al 91,2%, e il 60% di queste prevede di poter cominciare a recuperare i passivi solo nel 2021]. Persone semplici, per riprendere il filo del discorso, che magari si fanno delle domande del tipo: perché i telegiornali parlano solo di positivi e non anche dell’evoluzione della malattia nei soggetti contagiati? Se è vero che il virus continua a circolare è altrettanto vero che oggi la realtà è ben diversa da quella di febbraio, marzo e aprile. E allora, se è ben diversa perché continuare ad affliggere l’opinione pubblica?
Ovviamente questo non significa sbracarsi. Figuriamoci. Significa essere consapevoli che con le dovute precauzioni possiamo continuare a vivere anche senza avere un chiodo fisso che alla fine ci lacera interiormente e ci condiziona a livello psicologico in modo devastante. Significa essere consapevoli di avere un problema non risolvibile nell’immediato, ma con il quale dobbiamo imparare a convivere, almeno fino a che non arriverà un vaccino, possibilmente affrancati dalla paura e dal terrore. Chiediamo troppo?