Anna Bonelli e quell’infinita passione per la lettura, per la cultura e...

Anna Bonelli e quell’infinita passione per la lettura, per la cultura e per il sapere. Per professione e diletto!

2562
0
CONDIVIDI

Per lo spazio dedicato alle Donne di Maremma questo mese andiamo ad incontrare Anna Bonelli, responsabile della storica biblioteca Chelliana di Grosseto. Una “maremmana doc” nata qualche anno fa a Casteldelpiano e residente a Grosseto ormai da trentacinque anni che ci racconta della voglia di leggere di noi maremmani, e non solo…

Anna Bonelli: “Il bibliotecario è una sorta di stregone, un alchimista che nel suo alambicco sa ben dosare tecnicismo e passione per la cultura in genere. Non si può delineare il confine di demarcazione tra questi due aspetti che dunque si integrano e formano il bagaglio indispensabile all’esercizio della nostra professione”.

di Dianora Tinti

****

Sono innamorata della cultura e del sapere, e non ne faccio mistero, perciò eccomi qui questo mese con una Donna di Maremma, Anna Bonelli, che di questi argomenti se ne intende parecchio. Una “maremmana doc” nata qualche anno fa a Casteldelpiano e residente a Grosseto ormai da trentacinque anni. Una donna vera, spontanea, con quel pizzico di schiettezza tipica delle nostre parti e che francamente non guasta.
Come ho anticipato, da molti anni si occupa di cultura e attualmente dirige la Biblioteca Chelliana di Grosseto. Alle spalle, due lauree cum laude in “Scienze della documentazione archivistiche e biblioteconomiche” (triennale) ed in “Valorizzazione della documentazione scritta e multimediale” (magistrale) presso la Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali dell’Università della Tuscia di Viterbo.
Sentiamo cosa ci racconta della voglia di leggere di noi maremmani, e non soltanto…

Tu, Anna, sei responsabile della storica biblioteca grossetana Chelliana: quali sono le difficoltà riscontrate in relazione alla diffusione della cultura della lettura nel nostro territorio?
Anche qui in Maremma si riscontrano le stesse difficoltà presenti in tutto il territorio nazionale: bassa percentuale di lettori, che sono per la maggior parte donne, crisi economica che ha colpito anche il settore editoriale, proposte di lettura percepite come una costrizione dalla popolazione scolastica in età preadolescenziale, forte tendenza all’utilizzo della rete a discapito della ricerca delle fonti sui testi cartacei, etc. Si deve partire dal presupposto che un territorio, una comunità con bassi indici di lettura ha bassi livelli di sviluppo e non sa valorizzare le sue potenzialità. Per questo è assolutamente necessario che le biblioteche segnalino a gran voce la loro presenza e che riaffermino il proprio ruolo culturale nel tessuto connettivo della realtà sociale di appartenenza.
Ritieni che in Maremma, e forse purtroppo non soltanto qui, si stia perdendo il gusto di leggere?
Negli ultimi tre anni, attraverso l’indagine effettuata in tutte le aree italiane, tranne che nel Nord-Est dove si registra una positiva controtendenza, tutte le altre zone del paese segnano drammaticamente un notevole passo indietro e si conferma in maniera evidente la crisi della lettura. Alcuni dati sconfortanti: i lettori del Nord-Ovest sono passati dal 53% al 49%, quelli del Centro addirittura dal 52% al 42% e al Sud dal 39% al 31%. La scarsa propensione alla lettura viene anche dal livello di istruzione e dalla difficoltà di accedere ad altre opportunità culturali e di partecipazione ad eventi ed iniziative. Parlando con la gente, anche qui spesso si obietta che la cultura, quindi anche il libro, ha un prezzo a volte troppo alto. Comunque oggi la scarsa diffusione della lettura nel nostro Paese non è soltanto simbolo di impoverimento culturale e di mancanza di risorse economiche, ma anche seria questione sociale poiché la lettura costituisce da sempre una fonte di arricchimento non solo culturale ma soprattutto intellettivo, sociale e morale.
A questo proposito voglio citare Nicola Lagioia, vincitore del Premio Strega 2015, il quale afferma che occorre formare lettori e non sfornare consumatori per tornare a far crescere il numero di lettori in Italia, sensibilmente in calo negli ultimi anni, perché per un lettore un libro sarà sempre un bene primario.
Lo stato di salute delle biblioteche non si misura tanto in termini di ricchezza di dotazioni, quanto nell’abbondanza di utenti. Come stanno le cose in Maremma?
La rete documentaria provinciale grossetana, denominata SDIG ossia Sistema Documentario Integrato Grossetano, è attualmente composta da 25 biblioteche, 15 comunali e 10 appartenenti ad enti e istituzioni pubbliche o private. La rete provinciale grossetana aderisce anche alla rete documentaria regionale.
Gli utenti iscritti in provincia sono circa 30.000 e rappresentano solo il 13% del totale degli abitanti, di poco superiore ai 225.000, rispecchiando all’incirca la percentuale nazionale dei frequentatori delle biblioteche. La dotazione documentaria dello SDIG si aggira intorno alle 600.000 unità bibliografiche. Nel 2014 il numero dei prestiti di libri e altri materiali posseduti dalle biblioteche della provincia ammonta a circa 116.000. Presso la maggior parte delle nostre strutture prevalgano i visitatori abituali e le biblioteche vengono frequentate per motivi legati principalmente al prestito, allo studio, all’utilizzo di Internet e alla necessità di effettuare ricerche scolastiche. I volumi più richiesti in lettura o prestito riguardano la narrativa contemporanea mentre i libri più consultati sono quelli dedicati a ragazzi e bambini.
Nel pensare comune spesso le biblioteche sono associate a luoghi impermeabili alle nuove tecnologie. Secondo te è così? E, comunque, come viene visto e percepito oggi il luogo “biblioteca”?
Fortunatamente si è smesso da tempo di pensare alla biblioteca come una istituzione monolitica e impermeabile alla società e con la sola funzione di custodire, conservare e tramandare le raccolte librarie e documentarie al suo interno. In verità oggi il vecchio concetto di biblioteca è distante da tutta la gente comune in quanto non è in grado né di offrire spazi riconosciuti come identitari né, tanto meno, è al passo con le potenzialità delle nuove tecnologie (dalla possibilità di scaricare brani musicali dal web alle nuove forme di forum in rete, etc.), né, ancora, offre occasioni per costruire relazioni di gruppo vissute come proprie, soprattutto sul piano espressivo e artistico. Pur essendo in Italia numerose biblioteche che sono cattedrali di conservazione in quanto assolvono egregiamente al compito di preservare le grandi collezioni storiche a stampa, piace immaginare la biblioteca pubblica come un luogo fisico pieno di luce, con tavoli spaziosi provvisti di prese per i computer portatili e divisi in area del silenzio e area dove si può parlare per studiare insieme, fare progetti, con rete wi-fi, area salotto e mostre, un piccolo auditorium, una caffetteria e così via. Ma soprattutto bisogna pensarle con scaffali pieni di libri comuni, ma anche film e album musicali.
La Biblioteca Chelliana punta sull’innovazione, sull’uso di internet e dei social network?
La Chelliana è una biblioteca comunale di pubblica lettura con un consistente retroterra storico e si rivolge all’intera comunità cittadina e provinciale proponendosi come una biblioteca multimediale di cultura e informazione generale, indirizzata non solo al pubblico specializzato degli studiosi, ma anche a coloro che amano coltivare il piacere di leggere, di informarsi, di ascoltare e di vedere. Oggi svolge un ruolo importante, anche nell’era dei social networks: è diventata un luogo di partecipazione, condivisione e scambio, inclusione sociale, proponendosi come spazio fisico di intermediazione di saperi, linguaggi e culture, ma anche come luogo di costruzione della cittadinanza, un presidio sociale e culturale capace di utilizzare i media digitali e l’universo della rete, intesi come strumenti in grado di aggiungere valore e qualità all’offerta proposta al pubblico. Per questo è stato necessario un profondo cambiamento, che ha stravolto innanzitutto le strategie di comunicazione e i linguaggi della biblioteca stessa attraverso l’acquisizione prima di internet e poi del web 2.0.
Oggi perché le persone dovrebbe frequentare una biblioteca? Qual è il valore aggiunto rispetto al reperimento di libri e nozioni attraverso Internet?
Prendo spunto dal volume di Stefano Parise dal titolo Dieci buoni motivi per andare in biblioteca, pubblicato dall’Editrice Bibliografica nel 2011. Questo è l’indice:
La biblioteca è tua – La biblioteca è per te – In biblioteca si legge – In biblioteca si apprende, a tutte le età – In biblioteca si formano le opinioni – In biblioteca nessuno è straniero – La biblioteca è social – La biblioteca è digital – La biblioteca risponde – Biblioteca è libertà – Biblioteca è memoria
Ecco, per tutto questo ancora ha un senso andare in biblioteca e riscoprire ogni volta il suo valore insostituibile proprio attraverso la testimonianza di chi la frequenta.
Recentemente ho intervistato un noto scrittore italiano secondo il quale oggi il libro deve essere principalmente in ebook, perché la cultura si fa sul web. Sei d’accordo con questa affermazione?
No. Certamente la cultura sul web è indispensabile per fare ‘rete’, per impossessarsi dei nuovi linguaggi, per arrivare più velocemente alle notizie. Non importa che si preferiscano gli ebook piuttosto che i libri cartacei ma ricordiamoci sempre quanto è importante l’interazione umana, il rapporto tra i singoli che non deve limitarsi esclusivamente alla virtualità del web.
Oltretutto l’obiettivo deve essere, anche nel passaggio alla pubblicazione su Internet o in forma di ebook, quello di affermare l’autorevolezza e la qualità dei contenuti veicolati: infatti la cultura in generale sul web, in assenza di un filtro scientifico e soprattutto editoriale, corre seri pericoli di qualità e affidabilità delle notizie pubblicate.
Per fare il tuo lavoro è necessario amare la cultura tout court, oppure è sufficiente essere un buon tecnico?
Il bibliotecario è una sorta di stregone, un alchimista che nel suo alambicco sa ben dosare tecnicismo e passione per la cultura in genere. Non si può delineare il confine di demarcazione tra questi due aspetti che dunque si integrano e formano il bagaglio indispensabile all‘esercizio della nostra professione.
Quali sono i pregi e i difetti del tuo lavoro?
Lo storico d’arte e bibliotecario francese Michel Melot, nel saggio La Saggezza del bibliotecario del 2005, definisce il bibliotecario come “l’organizzatore dell’universo” facendo poi una serie di associazioni tra l’architettura e la biblioteca e definendo lo stesso bibliotecario un architetto, colui insomma che organizza il sapere come una struttura architettonica, permeabile alle trasformazioni che il progresso tecnologico impone. Quindi il maggior pregio oggi sta sicuramente nel saper gestire e trattare l’informazione, nell’essere un professionista e un manager al passo con i tempi che sa trattare di sistemi informativi e ha competenze nell’information literacy ovvero nell’identificare, individuare, valutare, organizzare, utilizzare e comunicare le informazioni.
Parlando di difetti in questo lavoro penso che noi bibliotecari fino ad oggi ci siamo impegnati moltissimo nel lavoro di reference orientato a favorire un apprendimento sociale dentro le biblioteche. Di contro però abbiamo lavorato meno a contatto con il tessuto produttivo locale (aziende, studi professionali, imprenditori, lavoratori) ma oggi anche questi soggetti hanno bisogno di informazione ponderata e aggiornamento continuo. Quindi meno iniziative nel salotto buono della biblioteca – tanto lo sappiamo fare bene – e più contatto con il mondo imprenditoriale dove si potranno individuare i nuovi portatori di interesse, i cosiddetti stakeholders, che finora per le biblioteche sono stati quasi esclusivamente rappresentati dalle amministrazioni pubbliche, dalle istituzioni scolastiche e universitarie e dall’associazionismo culturale in genere.
Ti consideri un’intellettuale?
Sì, nel senso letterale del termine, ossia utilizzare le capacità intellettive per contribuire consapevolmente non solo alla propria crescita culturale ma anche e soprattutto a quella degli altri.
Nella vita privata sei una lettrice? Cosa leggi e quali sono i tuoi autori preferiti?
Sono appassionata del genere thriller e mi piacciono gli scrittori anglosassoni: in questo momento sto leggendo La ragazza del treno di Paula Hawkins ma aspetto il nuovo romanzo di Nicola Ammaniti, che si intitola Anna, che uscirà a giorni nelle librerie. E poi adoro Giampaolo Pansa e Corrado Augias per la saggistica di autore, Stephen King come Andrea Camilleri, Anne Todd, Sophia Kinsella, Sebastiano Vassalli, Pedro Chagas Freitas, etc. Per non parlare degli “indimenticabili”, i capolavori della letteratura di tutti i tempi che hanno accompagnato la mia giovinezza e che ogni tanto amo rispolverare. Come afferma Umberto Eco: «Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria! Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è una immortalità all’indietro».
Consiglieresti ad un giovane di intraprendere la tua professione?
Assolutamente sì!

Bonelli 2 Bonelli 3