La memoria della guerra di Liberazione nel territorio di Manciano settant’anni...

La memoria della guerra di Liberazione nel territorio di Manciano settant’anni dopo

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Nel settantesimo anniversario del 25 aprile la cittadina maremmana di Manciano ha dato vita ad un ampio e significativo programma di iniziative promosse e patrocinate dall’Amministrazione comunale in collaborazione con l’ANPI e altre associazioni del territorio. Il motivo? Lo si può capire solo dopo aver ripercorso sul filo della memoria, il particolare significato che la lotta partigiana e il passaggio del fronte ebbero in questo angolo di Maremma…

Tra i momenti più significativi delle celebrazioni l’omaggio alle tombe dei partigiani e delle vittime del nazifascismo; la consegna degli attestati ai familiari dei partigiani e di tutti coloro che collaborarono attivamente alla lotta di Liberazione; la pubblicazione di un volumetto di 80 pagine di ricostruzione storica dei fatti principali che interessarono la zona

di Lucio Niccolai

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“Resistere significò saper dire di no [… La resistenza] è stata odio della guerra, guerra contro la guerra, rifiuto della guerra fascista; la resistenza fu volontà di ritorno agli affetti, alla casa natale, agli studi, al lavoro, alla pace…”. Francesco Chioccon, 1967

Il Settantesimo del 25 aprile a Manciano
Nella settimana tra il 25 aprile e il 1° maggio, nella ricorrenza del Settantesimo della Liberazione nazionale, Manciano ha ospitato importanti iniziative e manifestazioni promosse e patrocinate dall’Amministrazione comunale in collaborazione con l’ANPI e altre associazioni del territorio.
I momenti più significativi di questa settimana di eventi sono stati l’omaggio alle tombe dei partigiani e delle vittime del nazifascismo; la consegna degli attestati ai familiari dei partigiani e di tutti coloro che collaborarono attivamente alla lotta di Liberazione; la pubblicazione di un volumetto di 80 pagine di ricostruzione storica dei fatti principali che interessarono la zona; la tradizionale manifestazione del 1° maggio, con deposizione della corona al Monumento ai caduti per la libertà.
Ci si potrà chiedere perché Manciano abbia sentito il bisogno di promuovere un così ampio e significativo programma di iniziative in occasione del Settantesimo del 25 aprile e, per dare una risposta, è opportuno ripercorre, sul filo della memoria, il particolare significato che la lotta partigiana e il passaggio del fronte ebbero in questo territorio.

Dal settembre del 1943 al giugno del 1944
Dopo l’8 settembre, a seguito di alcune riunioni nella casa di Mariella Gori – poi partigiana sedicenne – cominciò a formarsi a Manciano quella che sarebbe diventata, dal punto di vista cronologico, la prima formazione partigiana della provincia di Grosseto: la Banda Armata Maremmana (BAM). Il comandante, Sante Arancio, che poteva contare sulla collaborazione del Brigadiere dei Carabinieri Zacchino, era un geometra quarantenne, originario di Pegasi (Grecia), che si trovava a Manciano per ragioni di lavoro. Dopo un tentativo di arresto (19 ottobre 1943), si era trasferito nelle macchie di Montauto, portando con sé il figlio Mario di 8 anni e la compagna incinta Virginia Cerquetti (Annabella, la loro figlia nacque, pochi mesi dopo, al campo partigiano). Alla banda, nella quale confluirono militari alleati sfuggiti dai campi di prigionia dell’Alto Lazio e disertori – russi, polacchi e austriaci – dell’esercito tedesco, aderì un folto gruppo di giovani mancianesi tra i quali Leo Sbrulli, Clito Pratesi, Aldo Ricci, Pietro Tristi, Dante Capitanini e Domenico Santi.
Contemporaneamente, si stanziava sempre nel mancianese, un gruppo di militari dell’esercito italiano: «Il 12 settembre 1943 – scrive in una sua relazione Antonio Lucchini –, avuta notizia che a Grosseto erano iniziati atti di ostilità fra reparti tedeschi e italiani, lo scrivente, insieme al Ten. Luigi Canzanelli [il mitico tenente Gino], decideva di agire immediatamente. […] Passando per Istia d’Ombrone e Scansano, raggiungemmo il paese di Montemerano […]. Assunte informazioni, comprendemmo che nella detta zona della Maremma, ricoperta di vaste e fitte boscaglie e formata da terreni accidentati, era possibile trovare un buon rifugio e organizzare una valida resistenza. […] L’attività svolta nel periodo iniziale si orientò specialmente alla ricerca delle armi e delle munizioni, al raggruppamento degli uomini e alla loro sistemazione, alloggiandoli provvisoriamente presso diverse famiglie entro lo stesso paese di Montemerano».
Accusati di «organizzazione di bande armate, propaganda antifascista ed opera di sabotaggio contro le forze armate tedesche», a seguito di mandato di cattura emesso l’11 novembre 1943, i due sottotenenti furono entrambi arrestati e tradotti, prima nelle carceri di Grosseto, poi trasferiti in quelle di Arcidosso, da dove riuscirono a fuggire – con l’aiuto dei Carabinieri – il 17 dicembre 1943. Rifugiatisi a Montauto, presso la BAM, Canzanelli e Lucchini misero al servizio della banda le loro preziose conoscenze tecniche e militari: «Subito decidemmo – continua la relazione del tenente Antonio – di iniziare operazioni offensive e di sabotaggio contro i fascisti e i tedeschi, nonché di intensificare la propaganda perché le giovani reclute (classi 1922-23-24-25) non si presentassero alle armi e venissero invece ad ingrossare le nostre file. I risultati furono lusinghieri (del paese di Manciano non si presentò neppure un militare e scarsa fu la presentazione alle armi nei territori vicini). La nostra zona di operazione venne definita dalle autorità fasciste e tedesche (ignoriamo se per disprezzo o per paura) la “Piccola Croazia”».
Non a caso, la banda – che già aveva realizzato numerosi atti di sabotaggio e attacchi a mezzi tedeschi in transito – compì, proprio in quel periodo, alcune delle sue azioni più eclatanti, come l’attacco – nel pieno centro del paese – all’albergo “Legaluppi”, residenza delle autorità fasciste, il 26 gennaio 1944, durante il quale fu ucciso Catone Corridori, sergente della GNR, e ferito mortalmente il partigiano Salvatore Martinez, un ex aviere. Pochi giorni dopo, il 4 febbraio 1944, una formazione della banda di Montebuono fece prigioniero Carlo Favron, segretario del PFR di Selvena e Ministro della Società Mineraria del Monte Amiata, accusato di aver denunciato dei giovani renitenti: condotto a Montauto, fu processato, condannato e giustiziato. Come ritorsione, cinque partigiani della stessa banda (Marsilio Gavini, Alvaro Vasconi, Felice Grilli, Africo Balocchi e Francesco Sorrentino), catturati a Casa Sbraci, furono portati a Manciano e fucilati il 14 marzo, suscitando grande sdegno ed profonda emozione tra la popolazione.
Dopo questi fatti, sembra a seguito di dissidi interni alla BAM, i sottotenenti Antonio e Gino decisero di formare due bande autonome. Scrive ancora Lucchini: «Per diverse ragioni, che non è qui il caso di illustrare, e specialmente per frazionare il Gruppo che stava diventando troppo numeroso (nel mese di novembre aveva raggiunto la forza di quasi 200 uomini), veniva deciso di creare un nucleo principale composto di circa 70 uomini (parte dei quali accampavano alle dipendenze dello scrivente nella macchia del Pelagone di Manciano ed altri al comando del Ten. Gino Canzanelli nelle macchie di Murci e Scansano)».
Si distingueva, tra tutte le formazioni, per il frenetico e produttivo attivismo, quella del tenente Gino, nella quale era confluita la maggior parte dei partigiani mancianesi.
Tra aprile e maggio si intensificò l’azione fascista e tedesca, mirante a fare terra bruciata intorno alle formazioni armate e a decapitarne le direzioni, come dimostrano una chiara successione di eventi: il 7 aprile 1944, a Montecucco, fu ucciso il comandante neozelandese della Formazione “Mameli”, Roderik Douglas Lawrence (già comandante della formazione di Montebuono); agli inizi di maggio furono catturati e assassinati Ilio Santarelli, un contadino di San Martino sul Fiora, e tre prigionieri di guerra dell’esercito inglese ai quali aveva dato ospitalità; il 7 maggio, in un agguato, furono uccisi il tenente Gino e il suo attendente Giovanni Conti di Montemerano, e venne distrutto il campo di Murci (il resto della banda riuscì a sganciarsi e riparare presso altre formazioni). L’obiettivo delle autorità fasciste era quello di eliminare le bande partigiane diffuse sul territorio prima dell’arrivo degli alleati, per evitare le loro azioni di disturbo alle spalle delle truppe tedesche. In questo scenario si inquadra l’azione del 20 maggio contro la banda di Arancio a Montauto: soverchianti forze repubblichine tentarono l’annientamento del campo, che fu distrutto. I partigiani, riuscirono però a sganciarsi con poche perdite (tra le quali Adelio Ricci, medaglia d’oro al valor militare) e riparare presso altre formazioni. Continuavano poi i rastrellamenti in tutta l’area meridionale della Maremma. In uno di questi, il 27 maggio, nella fattoria di Col di Lupo (Magliano), fu ucciso il partigiano Enzo Del Piaz (appartenente alla BAM) e vennero catturati Italo Nanni e Pietro Ruggeri, fucilati a Manciano il 28 maggio, e Aurelio Leoni, torturato e poi fucilato a Pescia Fiorentina.
L’attività partigiana, però, non demordeva, anzi si intensificava in vista dell’arrivo degli alleati che, superata Roma (5 giugno), avanzavano rapidamente verso la Maremma. Pitigliano fu liberato dalla Banda “Casciani” l’11 giugno mentre gli americani giunsero a Manciano il 12 giugno complimentandosi per aver trovato qui «il primo gruppo organico e militarmente inquadrato di Patrioti».

Dal giugno del ’44 ad oggi
I fatti, così succintamente rievocati, sono entrati a far parte della memoria collettiva del paese maremmano anche grazie alle iniziative, proseguite nel tempo, promosse dalle Amministrazioni comunali che si sono succedute alla guida del comune.
Nel 1945, per la prima volta, fu celebrato la festa del 1° maggio – appena ripristinata – insieme a quella del 25 aprile: una tradizione che poi è continuata negli anni, senza interruzione; nel 1953 fu inaugurato il Monumento ai caduti della Libertà; nel 1955, con un’imponente manifestazione, il Comune fu insignito della croce al valor militare; nel 1965 e nel 1974, furono celebrati, con significative manifestazioni e la consegna di un attestato a tutti i partigiani combattenti riconosciuti, il ventennale e il trentennale della Liberazione; nel 1980, fu consegnata una medaglia tutti i partigiani riconosciuti del territorio di Manciano; nel 1995, infine, il Comune volle onorare la memoria del Tenente Antonio, al quale già aveva concesso la cittadinanza onoraria, con una lapide nel cimitero di Marsiliana, dove risiedeva e dove è sepolto.
Le ultime iniziative hanno dunque voluto dare continuità al percorso di salvaguardia della memoria già avviato negli anni passati, ribadendo l’attualità dei valori (un “bene comune”, è stato detto) che condussero alla democrazia e alla libertà, come ha testimoniato, tra le altre cose, l’importante iniziativa di consegna della Costituzione da parte del Sindaco, Marco Galli, ai ragazzi che hanno compiuto il diciottesimo anno di età.

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