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Un moderno “gioiello” per conoscere e interpretare il nostro territorio: è una delle possibili sintesi del Museo di Storia Naturale della Maremma, una struttura all’avanguardia (creata dal compianto prof. Giuseppe Guerrini tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta) e diretta, con passione e impegno, da Andrea Sforzi

La struttura è pioniera in Italia della “Citizen science” per la condivisione della cultura scientifica coi cittadini e collabora coi più importanti musei europei per progetti di ricerca, formazione e tutela ambientale

di Deborah Coron

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Nel 1961 il Comune concesse all’Associazione Naturalistica Speleologica Maremmana, il cui Presidente era il compianto prof. Giuseppe Guerrini, un luogo provvisorio dove conservare le proprie collezioni e, grazie al successo di una mostra tenutasi nel 1967, fu deciso di creare il Museo Civico di Storia Naturale di Grosseto, aperto al pubblico dal 1971. Dal 1981 al 1992 il museo rimase collocato in una piccola sede all’interno dello stabile che ospita la Scuola elementare di via Mazzini per poi trasferirsi nel 2002 nell’attuale edificio (storica sede dell’ex Asilo comunale Vittorio Emanuele) appositamente restaurato dal Comune con fondi Europei e riaperto al pubblico nel 2009 con un nuovo allestimento curato dal direttore Andrea Sforzi e realizzato grazie a un contributo della Fondazione MPS.
Ed è proprio con l’attuale direttore Sforzi che facciamo una chiacchierata per presentare questo piccolo gioiello della città di Grosseto che merita senz’altro una visita.

Allora Direttore, ci racconti, in primis, qual è l’idea fondante con la quale è rinato il Museo di Storia Naturale?
Il museo molto spesso viene considerato un luogo noioso, triste, con animali impagliati e oggetti impolverati, riservato agli esperti, mentre, specialmente un museo naturalistico, è invece qualcosa di vivo, perché rappresenta la natura. L’idea è quella di fornire un richiamo costante al territorio, un’interpretazione e un approfondimento per chi desidera conoscerlo e anche per chi lo conosce già.
Ha progettato questo piccolo “gioiello” soprattutto per chi?
È stato pensato in modo da offrire più linguaggi per rivolgersi a più pubblici e attrarre diverse fasce di età e di conoscenza. Questo si è ottenuto diversificando gli strumenti di comunicazione: dalle vetrine classiche ai diorami, dalle postazioni multimediali ai pannelli, è possibile colpire il visitatore più veloce e non troppo esperto, che apprezza soprattutto le ricostruzioni ambientali, di maggiore effetto emozionale, ma soddisfa anche la curiosità dell’esperto, che trova numerosi approfondimenti soffermandosi a leggere i pannelli, e anche del turista straniero, che li può apprezzare nella traduzione in inglese. L’allestimento è stato inoltre pensato per una lettura in più tempi: dopo una prima visita è possibile tornare per arricchire l’impressione iniziale e approfondire i vari argomenti (il pannello sulle migrazioni, al termine del percorso di visita, è un richiamo in questo senso) e seguire diversi percorsi tematici; visitarlo per conto proprio o con l’accompagnamento di una guida permette ulteriori modalità e diversi livelli di fruizione.
Come vanno le visite e chi frequenta maggiormente il museo e chi vi torna più spesso?
Abbiamo chiuso il 2014 con una buona affluenza di oltre 6000 visitatori, di cui i due terzi hanno potuto usufruire dell’ingresso gratuito in numerose occasioni: scolaresche, pensionati, studenti, insegnanti. Nell’ambito della Settimana della Cultura Scientifica, ad esempio, l’ingresso è libero per tutti e molti colgono questa opportunità per conoscere il museo per la prima volta o per tornarvi. Alcuni professori universitari portano volentieri i loro studenti per far conoscere direttamente e approfondire i contenuti che trattano a lezione. I più affezionati, comunque, restano senza dubbio i nonni grossetani che accompagnano i loro nipotini, di qualsiasi età!
Cosa propone il museo alle scuole?
Abbiamo realizzato una brochure che raccoglie diverse proposte didattiche destinate ai bambini della scuola dell’infanzia, fino ai ragazzi della scuola superiore; queste vengono rinnovate e calibrate ogni anno in base alle richieste, agli interessi e alle proposte degli insegnanti. Le attività didattiche che proponiamo in museo sono laboratoriali, quindi hanno una parte spesso manuale; mettiamo a disposizione dei ragazzi microscopi, strumenti di scavo, schede di lavoro, strumenti ludici come le cacce al tesoro o all’intruso, per cui li coinvolgiamo molto attivamente e in prima persona.
Per la didattica che cosa le piacerebbe sviluppare ulteriormente?
Mi piacerebbe molto fare qualcosa di più con ragazzi e adulti “sul campo”, che può anche significare il giardino della scuola o le mura, un bosco, una spiaggia, per la raccolta di dati naturalistici allo scopo di far conoscere, valorizzare e soprattutto tutelare il ricchissimo patrimonio di biodiversità del nostro territorio. Con l’iniziativa del “Bioblitz” (giunta nel 2015 al suo terzo anno consecutivo) creiamo la possibilità per scienziati e cittadini di lavorare assieme nella raccolta di dati in natura. Il binomio funziona perché il ricercatore (uno specialista afferente ad un centro di ricerca o ad una Università) mette a disposizione le proprie esperienze, competenze e chiavi di lettura al cittadino, che contraccambia con un aiuto sul campo e un supporto prezioso nell’amplificare lo sforzo della raccolta dati. Negli ultimi tre anni stiamo puntando molto sulla didattica rivolta agli adulti, soprattutto con un programma di formazione orientato alla “Citizen Science”: ogni anno viene preso in considerazione un habitat diverso; i corsi, di un pomeriggio ciascuno, servono per imparare a riconoscere in natura alcune delle più significative specie animali e vegetali del nostro territorio, in una sorta di “università a cielo aperto”. Al termine degli incontri vengono distribuite delle semplici guide da usare sul campo per identificare le specie ed inviare i dati al museo.
Ci sono altri progetti che si stanno concretizzando?
Proprio in tema di “Citizen Science” abbiamo da tempo iniziato a collaborare con diversi partner europei e abbiamo realizzato il sito www.naturaesocialmapping.it, un sito per raccogliere le segnalazioni di fauna e flora fatte dai cittadini, che convergono poi, una volta validate dagli esperti, nella banca dati naturalistica del museo. Il sito è stato realizzato grazie all’utilizzo di un software sviluppato dall’Imperial College di Londra (una delle più importanti Università del mondo), nell’ambito del Progetto OPAL (Open Air Laboratories) sovvenzionato con 14 milioni di sterline provenienti dal Big Lottery Found, ovvero la lotteria britannica… decisamente un altro mondo rispetto all’attenzione verso questi temi nel nostro paese! Nel 2013 il Museo di Storia Naturale della Maremma, assieme al team del Progetto OPAL e ad altri partners europei, ha svolto un ruolo attivo nella creazione e lancio dell’European Citizen Science Association (ECSA), la cui segreteria si trova al momento in Germania, presso il Museo di Storia Naturale di Berlino. La partecipazione dei cittadini alla raccolta di dati per il monitoraggio ambientale è molto sviluppata nel nord America e da quasi un decennio anche nel nord Europa. La nostra associazione europea (che comprende istituti di ricerca, musei e anche singoli appassionati) intende far crescere questo modo di fare scienza anche nei Paesi che ancora non lo hanno sperimentato. Per molti versi, la Citizen Science è già e sarà sempre di più la nuova frontiera del sapere scientifico, fortemente condiviso e trasversale a molte discipline, non solo naturalistiche!
Cosa occorre per realizzare tutto questo?
Far parte di un network internazionale permette di organizzare le nostre attività secondo una mentalità meno localistica: stiamo lavorando ad un ambizioso progetto comunitario che consenta di sviluppare in più Paesi un Programma bassato sugli stessi principi, da finanziare con fondi europei, coinvolgendo anche le università e i principali attori presenti sul territorio. È necessario portare avanti progetti che abbiano una certa continuità temporale, in grado di aprire prospettive di crescita culturale, senza dover necessariamente ogni volta “reinventare la ruota”, disperdendo energie e risorse. In questo senso è indispensabile poter contare sul supporto e sull’esperienza pluriennale di esperti internazionali che operano negli importantissimi Musei naturalistici di Londra e Berlino, per non commettere gli stessi errori, per adattare i loro modelli alla realtà del nostro Paese (che è molto diverso) e, infine, per lavorare insieme, realizzare ricerche e pubblicazioni scientifiche, ottenere e divulgare risultati globali.
È possibile far rete anche con altri Musei italiani, o anche solo toscani e, soprattutto, quanto serve?
Ci si sta provando… Il nostro museo fa parte dell’Associazione Nazionale Musei Scientifici, ed io ho avuto recentemente modo di far parte del comitato Scientifico che ha organizzato l’ultimo congresso Nazionale. Facciamo parte anche di due reti museali naturalistiche regionali, che però non sono mai state concretizzate veramente per mancanza di risorse economiche: si tratta di caricare di lavoro aggiuntivo per il coordinamento tra musei, le poche persone già molto impegnate e alla fine, con questi presupposti, non si ha alcun vantaggio concreto. Altra cosa è la Rete Provinciale dei musei, che da tempo sta lavorando bene nella nostra provincia e che si trova attualmente in una fase di rilancio. Musei grandi e piccoli possono unire le forze soprattutto per la comunicazione al pubblico, raggiungere un maggior numero di persone e condividere strumenti anche tecnologicamente avanzati per conseguire questo scopo.
A livello di contenuti, oltre ad una rete con altri musei ritengo sia da perseguire una rete con le Università: per i Musei naturalistici, tra l’altro, si tratta nella maggioranza dei casi della Toscana, di musei universitari, come il Museo di Storia Naturale di Firenze e quello nella Certosa di Calci (Università di Pisa); anche a Siena l’Accademia dei Fisiocritici, seppur gestita da una onlus, è strettamente legata all’Università. In questo contesto i ricercatori potrebbero contribuire a portare avanti progetti comuni di ricerca e divulgazione, coordinati (in campo si citizen science) dalla Fondazione Grosseto Cultura e dal nostro Museo.
Quali strategie ha escogitato per promuovere il museo?
Siamo tra i pochi musei, gli unici in provincia, ad avere un Calendario annuale degli eventi che diffondiamo tramite la nostra newsletter ad oltre 5000 persone, utilizziamo internet e in particolare il sito del museo www.museonaturalemaremma.it e la nostra pagina Facebook, le locandine, i volantini pieghevoli che distribuiamo con dei totem piazzati nei luoghi più frequentati (centri commerciali, ospedale, ecc.) e che facciamo girare nelle scuole, senza contare i contatti diretti con gli insegnanti, gli operatori culturali e le associazioni. Questo calendario, ovvero gli eventi che organizziamo (convegni, mostre, conferenze, cicli di incontri come ad esempio il “Caffè della scienza” o “Di Scienza e di Natura”) hanno visto crescere in numero e per diversità di interessi il nostro pubblico, che si è fidelizzato grazie al largo anticipo con cui vengono comunicati gli eventi e, soprattutto, grazie al livello offerto invitando come relatori i maggiori esperti a livello nazionale sui vati temi trattati.
Info: www.museonaturalemaremma.it

Andrea Sforzi