Una mula leggendaria, la Pieve di Santa Maria ad Lamulas e l’apparizione...

Una mula leggendaria, la Pieve di Santa Maria ad Lamulas e l’apparizione miracolosa

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È uno degli emblemi del vastissimo patrimonio storico-culturale del Monte Amiata. Siamo alle pendici di Montelaterone ed è proprio in mezzo al castagneto, nascosta tra le imponenti piante secolari, che sorge forse il più famoso monumento del territorio di Arcidosso: la Pieve di Santa Maria ad Lamulas le cui vicende si perdono nel tempo

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DI GIADA RUSTICI

L’Amiata è una terra silenziosa, una dimensione fatta di natura, sentieri e valli rigogliose avvolte nel silenzio, teatro di racconti leggendari che invadono le sue rocce secolari, i suoi castagneti, il vulcano spento che veglia con la sua presenza solenne: paesaggi che sono stati forgiati dal corso dei secoli ed è questo che plasma la loro bellezza. Conviene perdersi nei borghi per assaporare completamente l’essenza di questo territorio tanto antico quanto estremamente affascinante. Uno degli emblemi di questo grandissimo patrimonio che il Monte Amiata ci regala è la zona del comune di Arcidosso, scrigno storico di importante valore artistico, paesaggistico e culturale; siamo alle pendici di Montelaterone ed è proprio in mezzo al castagneto, nascosta tra le imponenti piante secolari, che sorge forse uno dei più famosi monumenti del territorio arcidossino: la Pieve di Santa Maria ad Lamulas le cui vicende si perdono nel tempo.

L’origine del nome

La sua storia è legata a un interessante aneddoto circa l’origine del toponimo. Tecnicamente Lamula era il nome di un villaggio alto-medievale, oggi scomparso, nei pressi del quale venne realizzata la chiesa, ma la leggenda narra che l’appellativo “Lamula” o “Lamola”, in latino ad Lamulas, sarebbe legato a un fatto miracoloso.
Si racconta infatti che si sarebbe costruita una chiesa in onore della Madonna laddove una mula si fosse fermata. E così fu, la mula colpita da un’apparizione miracolosa, s’inginocchiò dove ora è il sagrato della chiesa: in una pietra davanti al portale d’ingresso si possono ancora distinguere le due impronte lasciate dalle ginocchia dell’animale. Ancora oggi gli anziani chiamano la chiesa “La Pieve della Mula”.
Più probabile però, e quasi certa, è un’altra spiegazione: la Pieve, infatti, sorge in un punto strategico, a pochi metri da un torrente e accanto ad una sorgente di acqua, caratteristiche tipiche di molte chiese rurali romaniche. Il termine “Lamula” si riferirebbe allora alle condizioni del terreno su cui sorge la chiesa: la parola di origine latina, infatti, sta ad indicare un terreno paludoso che si forma in prossimità di un fiume, così come si legge anche nella spiegazione di Repetti nel dizionario storico-geografico della Toscana: “Varie contrade segnalate con la denominazione di Lamola o Lamule, vale a dire di piccole Lame, danno di per se stesse a conoscere che la loro posizione è poco lungi da un corso d’acqua […] la chiesa di Lamole fra Arcidosso e Montelaterone sulla ripa sinistra dell’Ente. Lamola o Lamule o simili si sarebbe quindi chiamata in origine la località costeggiante la riva scoscesa del piccolo e torrentizio fiume Ente su cui sorse poi la pieve”, torrente che alimenta la fonte del Diavolino adiacente all’edifico e ricondotto forse ad un piccolo diavolo di terracotta incatenato a uno dei pilastri interni della chiesa ed ora non più esistente e che probabilmente si riferiva al satiro, seguace di Dioniso…

La storia…

La festa della Pina…

Se vuoi leggere l’articolo completo, lo trovi pubblicato sul numero di dicembre 2020 di Maremma Magazine alle pagine 88-90. Le edicole, dove puoi acquistare la tua copia cartacea sono aperte, ma puoi anche leggere la versione digitale on line! Clicca QUI