Arcidosso, tra storia e natura sulle pendici del Monte Amiata

Arcidosso, tra storia e natura sulle pendici del Monte Amiata

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Arcidosso è piccolo borgo sulle pendici del Monte Amiata, abbarbicato su un colle, sulla cui sommità si erge la rocca Aldobrandesca, come si evince dal toponimo latino “Arx et Dossum” ovvero “rocca sul dosso”. È circondato da secolari boschi di castagni ed è punteggiato da antiche pievi e chiesette e da villaggi ricchi di tradizioni e di arte. Un bell’esempio di come storia e natura offrano un connubio di avvincente bellezza…

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Esteso su una superficie di poco inferiore ai 100 kmq, con una popolazione oltre 4.000 abitanti, il territorio del Comune di Arcidosso si trova sulle pendici occidentali del Monte Amiata – ad un’altitudine di circa 700 mt. s.l.m. – la montagna di origine vulcanica, contornata da boschi di castagno, dove storia, cultura, arte e tradizioni si fondono con una natura, qui incredibilmente bella ed incontaminata. Il capoluogo, costituito da una parte antica e da una moderna, si distingue per la sua caratteristica forma conica con al vertice la massiccia Rocca Aldobrandesca intorno alla quale si è sviluppato tutto il borgo medioevale. Il toponimo forse è riconducibile al latino “Arx et Dossum”, una Rocca sul Dosso.

Le sue frazioni sono (in ordine alfabetico): Bagnoli, Fornaci, Montelaterone, Salaiola, San Lorenzo, Stribugliano, Macchie, Zancona

Un po’ di storia

Il Castello appartenne ai Conti Aldobrandeschi fin dal 1080, anche se il sito era stato fortificato già nella seconda metà del X secolo da Ugo di Tuscia, Marchese di Toscana per conto di Ottone I imperatore. La storia di Arcidosso ruota intorno alle fortune della famiglia Aldobrandeschi e della sua disfatta per opera della Repubblica di Siena, che conquistò il Castello nel 1331 con Guidoriccio da Fogliano. Siena stabilì ad Arcidosso uno dei suoi undici Vicariati e, dopo la sua sconfitta nel 1559, il paese venne sottomesso ai vincitori, i Medici di Firenze, che vi posero anche la sede di un Capitanato di Giustizia…

La vocazione turistica

La vocazione turistico-culturale ha portato Arcidosso a valorizzare l’imponente patrimonio delle varie epoche, come il seicentesco contadino-poeta Giovan Domenico Pèri o il grande riformatore religioso e sociale David Lazzaretti, la cui vicenda finì tragicamente nel 1878.
Ad ampia fruizione turistica sono alcune importanti strutture quali il Centro visite del Parco faunistico dell’Amiata, il Museo di David Lazzaretti, il Museo Medievale ed il MACO – Museo di arte e cultura orientale negli edifici del Castello, il Parco faunistico e Merigar, uno dei principali centri della Comunità Dzog-chen Internazionale (il suo nome significa “Residenza della Montagna di fuoco”). l’Associazione culturale Dzog-Chen. La recettività turistica è garantita da numerosi alberghi e agriturismi, sparsi nel territorio ed il soggiorno consente anche di assaporare piatti tipici della tradizione a base di castagne, oltre naturalmente al vino e all’olio di qualità…

Da vedere

Sul colle che sovrasta il viale David Lazzaretti vi è il Monumento ai Caduti (1928), sacello in peperino dedicato ai caduti di tutte le guerre. Percorso l’ottocentesco Corso Toscana, sulla sinistra si giunge alla Porta di Castello che introduce al percorso verso la Rocca Aldobrandesca. In basso, scendendo per la scalinata che costeggia la canonica, troviamo la Chiesa di S. Niccolò (1144), spoglia al suo interno, ma con due altari in peperino, di epoca secentesca, un crocifisso ligneo, una statua policroma della Madonna Addolorata e una pregevole acquasantiera in peperino. Dalla Porta dell’Orologio si scende nel Terziere di Codaccio incontrando la romanica Chiesa di San Leonardo (1188), edificata dagli abati di San Salvatore, interessante al suo interno per i cinque maestosi altari in peperino e tele del panorama pittorico secentesco con Vanni, Nasini, pittori di scuola fiorentina, una tela del S.S Sacramento del Neroni nell’unico altare in legno intagliato, una tavola quattrocentesca di scuola senese e due statue lignee di San Processo e Sant’Andrea.
Alla fine di via Talassese, addossata alle mura, si trova la Chiesa di Sant’Andrea (XII secolo) al cui interno nell’unico altare in peperino (1635) campeggia un crocifisso coevo in carta pesta e, sulla parete di sinistra, una pittura murale con la Vergine in trono e il bambinello.
Continuando, fuori dal centro storico, si raggiunge il Santuario della Madonna delle Grazie o Incoronata, preceduto da una imponente scalinata, con testimonianze rinascimentali nel colonnato e barocche negli altari, tracce di affresco quattrocentesco della Madonna della Carità, un pregevole stendardo di Ventura Salimbeni con la Madonna della neve e la Vergine Assunta, tele di Giuseppe Nicola Nasini e una tavola quattrocentesca di scuola senese…

Se vuoi leggere l’articolo completo, lo trovi pubblicato sul numero di ottobre 2020 di Maremma Magazine (alle pagine 44-47), disponibile in edicola, su abbonamento e in versione digitale. Acquista la tua copia on line! Clicca QUI