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Bruni, una storia di successo nel segno della determinazione, del coraggio e della passione

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Determinazione, coraggio, passione, unione. C’è un po’ di tutto questo nella storia imprenditoriale, ma prima ancora umana, della famiglia Bruni che ha superato difficoltà enormi, senza mai scoraggiarsi, fino ad arrivare ad essere oggi un’affermata azienda vitivinicola in ambito nazionale ed internazionale. Perché quando la vita ti mette davanti degli ostacoli devi avere la forza, la volontà e la capacità di superarli…

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DI LINA SENSERINI

La posizione è di quelle baciate dalla fortuna: l’entroterra collinare tra Montiano, Magliano in Toscana e Fonteblanda, davanti al mare di Talamone, che naturalmente da quelle colline si vede. Qui si trova l’azienda vitivinicola Bruni, una realtà storica tra le più importanti per la produzione di Morellino di Scansano e di vino Doc Maremma Toscana, già negli anni Settanta produttrice di rossi e bianchi “da tavola” come si diceva allora, oggi affermata sul mercato nazionale e internazionale per la qualità dei propri prodotti.
Di proprietà dei fratelli Moreno e Marco Bruni, che l’hanno ereditata dal padre Paolo, scomparso nel 1995 in un incidente sul lavoro, si estende per circa 90 ettari: 45 di vigneti (di proprietà), cui se ne aggiungono altri in affitto per un totale di superficie vitata che supera i 60 ettari, con vitigni di Sangiovese, Syrah, Alicante Grenache e Bouschet, Petit Verdot, per le uve a bacca rossa, Vermentino e Viognier per le uve a bacca bianca. L’azienda possiede anche 700 piante di olivi, per la produzione di olio Igp Toscano.
Attualmente vengono prodotte circa 400 mila bottiglie di vino all’anno, destinate per il 55 per cento al mercato italiano (grande distribuzione, ristorazione, enoteche) e il 45 per cento al mercato estero. La fetta più importante riguarda gli Stati Uniti, che assorbe il 35 per cento del vino destinato ai Paesi esteri, mentre il resto del mercato è in Europa (Germania, Lussemburgo, Norvegia e Danimarca), in Australia, in Giappone e in minima parte anche in Cina.

Parole d’ordine: impegno e dedizione

«Tutto quello che questa azienda ha fatto ed è diventata negli ultimi 25 anni lo dobbiamo a nostra madre, Elsa Seravalle, che non solo ha sopportato il dolore della perdita del marito, ma ha saputo sostenerci, lavorando sempre a fianco a noi, come prima aveva appoggiato nostro padre nelle sue scelte di vita e di lavoro. Ancora oggi che ha 77 anni, la mattina presto è già in cantina e lavora come quando era giovane. A lei infatti abbiamo dedicato un vino, il Poggio d’Elsa, un rosso Doc Maremma Toscana, come lei forte e deciso. Il vino più venduto negli Usa, peraltro».
Moreno Bruni, 45 anni, inizia così ha parlare della sua esperienza di vinificatore e proprietario, insieme al fratello gemello Marco, di un’azienda fiore mana e non solo. Da quando, nemmeno ventenni, hanno raccolto l’eredità del padre e hanno preso in mano le redini dell’attività di famiglia, ne è passata di acqua sotto i ponti e le loro scelte si sono rivelate vincenti, se oggi gestiscono un’attività conosciuta in Italia e all’estero, con vini premiati dalle guide blasonate dell’enologia italiana: l’Oltreconfine, un rosso Doc Maremma, Grenache in purezza, da quattro anni è premiato con i tre bicchieri del Gambero Rosso per le annate 2013, 2015, 2016 e 2017 ed è stato il primo della Doc a ottenere questo riconoscimento; mentre il Perlaia Igt Maremma, da Vermentino vendemmia tardiva e Viognier (20%), per il settimo anno consecutivo è stato riconosciuto come il miglior Vermentino italiano nella Guida dei vini d’Italia di Luca Maroni. L’azienda Bruni, inoltre, è stata la prima in Maremma, insieme alla Cantina del Morellino di Scansano, a fare lo spumante di Vermentino.
Una vita nel vino, in sintesi, considerando anche che Marco è vicepresidente della Doc Maremma e Moreno da 18 anni siede nel consiglio di amministrazione del Consorzio tutela del Morellino di Scansano, di cui per sei anni è stato vicepresidente.

La storia

La storia della loro azienda affonda le radici nella Maremma “amara” di fine anni Cinquanta, esattamente nel 1956, quando Leo Bruni e il figlio Paolo, il nonno e il padre, in controtendenza con lo spopolamento delle campagne e l’inurbamento delle famiglie contadine, che ha caratterizzato quel periodo della storia locale, acquistarono il nucleo originario della loro proprietà. Non erano anni facili e chi sceglieva il lavoro della terra si doveva spaccare la schiena per vivere. L’exploit del turismo, dell’enogastronomia e dell’ambiente che molti anni dopo hanno decretato il successo del sud della Toscana, erano ancora lontani. I primi anni furono dedicati soprattutto al disboscamento, alla bonifica idrica e all’allevamento di animali da carne e da latte, poi alla fine degli anni Sessanta Leo e Paolo cominciarono a piantare i primi vigneti. Non più di 5-6 ettari, poi gradualmente aumentati a 9, coltivati a Sangiovese, Ciliegiolo e Vermentino, da cui veniva ricavato un vino da vendere sfuso, al mercato locale e ai turisti, poiché, essendo l’azienda vicino al mare, aveva già allora un buon giro di clienti che venivano a trascorrere le vacanze in Maremma. Per il primo imbottigliamento bisogna aspettare il 1973, quando venne ideata anche la prima etichetta, il Marta Rosso, imbottigliato a mano e ancora rivolto al mercato locale.
Le cose andavano bene e Paolo Bruni, intorno alla fine degli anni Ottanta, decise di comprare altri terreni e di impiantare nuovi vigneti, portando la superficie vitata a circa 15 ettari. La sua “passione” era il Vermentino, di cui è stato un pioniere (la prima bottiglia, il
Plinio, è del 1982), convinto che questo vitigno avesse in Maremma delle grandi potenzialità per esprimere vini di alto livello. Aveva regione e certamente anche Moreno e Marco ci hanno creduto, tanto che oggi lavorano queste uve a 360 gradi, producendo uno spumante (il Plinio Cuvee), un Vermentino classico affinato in acciaio (il Plinio), il Perlaia, da vendemmia tardiva, e un muffato dolce (il Muffato), da uve 100% Vermentino muffite in pianta.
Poi, nel 1995 la tragica morte di Paolo Bruni, che costrinse i due fratelli a rilevare l’attività, aiutati dalla mamma e dalla sorella maggiore Paola, che ancora oggi lavora in azienda e si occupa della parte amministrativa. «In quel momento – racconta Moreno – avevamo 15 ettari di vigna e circa 60 ettari di terreno. Mio padre aveva costruito una cantina nella quale il vino veniva prodotto e imbottigliato, una minima parte nelle bordolesi, ma per lo più nelle bottiglie da un litro e nei classici “bottiglioni” da un litro e mezzo, che andavano esclusivamente al mercato locale.
In quegli anni, tuttavia, le cose stavano cambiando, il Morellino di Scansano (la Doc è stata istituita nel 1978, ndr) cominciava a ritagliarsi una fetta importante di gradimento dei consumatori, dovevamo fare un salto di qualità e cercare altri mercati. Così, nel 1996 abbiamo fatto il primo Vinitaly, nel 1998 la prima fiera negli Stati Uniti, ci siamo affidati a un consulente enologo, Lorenzo Landi che ci segue da quasi venti anni. Pochi anni dopo, nel 2000 abbiamo rinnovato tutti i vigneti, tranne alcuni ettari di Vermentino, abbiamo cominciato a sperimentare altri vitigni e vini che fossero espressione della nostra terra, ma che avessero le caratteristiche per imporsi sul mercato al pari di altre etichette più blasonate. Nel 2002 abbiamo costruito una nuova cantina e abbiamo ampliato gli ettari di vigneto acquistando terreni e prendendone in affitto altri. Oltre a Vinitaly, partecipiamo ai più importanti appuntamenti del mercato del vino, tra cui Prowein, la fiera di Merano, dove accedono solo vini selezionati in precedenza da una commissione di esperti, Hong Kong, gli Stati Uniti».

La nuova cantina

La crescita dell’attività e degli ettari di vigneto ha reso, inoltre, necessaria una nuova cantina, che è stata costruita nel 2018: 1100 metri quadrati, su tre livelli, un modello di modernità e tecnologia che ha conservato la tradizione della vinificazione di famiglia. Nel livello interrato c’è la parte destinata all’affinamento in legno e in cemento, nei vecchi tini utilizzati da Paolo Bruni e recuperati dai figli; al piano terra gli uffici e l’accoglienza, oltre al magazzino; al piano superiore la sala degustazione con vista sui vigneti. La parte della vecchia cantina del 2002 che è stata conservata è dedicata alla fermentazione e all’imbottigliamento.
C’è un aneddoto che Moreno riferisce e che sembra aver previsto il futuro dell’azienda Bruni. «Nostra sorella Paola, di nove anni più grande – racconta –, come spesso fanno i bimbi, desiderava un fratellino tanto che i nostri genitori cominciarono a entrare in questo ordine di idee. Quando nostra madre, nel 1973, rimase incinta iniziarono i “pronostici” sul sesso del nascituro.
Essendo lei e la nonna due bravissime cuoche che già pensavano a come integrare e ampliare l’attività di famiglia, dissero che se fosse nata una bimba avrebbero aperto un ristorante e se, invece, fosse nato un maschio, avrebbero piantato nuove vigne… sono nati due maschi… hanno messo nuove vigne e costruito anche la cantina!»

Le etichette

Sono molte le etichette prodotte negli anni dall’Azienda Bruni. Tra quelle più importanti Moreno ne indica quattro, oltre a quelle citate. Il Laire, un Morellino di Scansano Doc riserva, da Sangiovese e Syrah, imbottigliato dopo 12 mesi di affinamento in botti di rovere francese, prodotto dal 2000, in circa 12 mila bottiglie all’anno; il citato Perlaia, Vermentino vendemmia tardiva e Viognier, affinato in acciaio e sei mesi in barrique, prodotto dal 2004 in circa 4 mila bottiglie; il Marteto, Morellino di Scansano Docg, Sangiovese, Alicante e Syrah, il primo Morellino prodotto, che prende il nome dalla località in cui ha sede l’azienda, La Marta, appunto. Affinato in acciaio e in botti di rovere, viene fatto dal 1995, attualmente in 200 mila bottiglie; il citato Oltreconfine Doc Maremma, Grenache in purezza, testimone della tradizione familiare, prodotto dal 2013 in 4 mila bottiglie, premiato dal Gambero Rosso con tre bicchieri per quattro anni consecutivi.
Info: www.aziendabruni.it

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