Una provincia in crisi. La ricetta di Confesercenti

Una provincia in crisi. La ricetta di Confesercenti

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L'EDITORIALE DEL NR. DI GIUGNO 2019
DI CELESTINO SELLAROLI

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È un quadro tutt’altro che rassicurante, anzi diciamolo francamente, piuttosto critico, quello che è emerso in occasione dell’Assemblea annuale della Confesercenti provinciale che si è svolta nelle scorse settimane all’Hotel Granduca a Grosseto.
Al centro dell’incontro, oltre agli aspetti più propriamente associativi (che peraltro confermano il buon andamento dell’associazione di categoria), c’era la presentazione di un documento sul contesto socio-economico della nostra provincia, elaborato appositamente e discusso nella circostanza dal presidente provinciale di Confesercenti Giovanni Caso insieme al presidente della Camera di commercio della Maremma e del Tirreno Riccardo Breda e al giornalista Massimiliano Frascino.
Ebbene, da tale rapporto emerge chiaramente che la Maremma, dal punto di vista degli indici, non sta bene. Di questo si era accorto anche Il Sole 24 Ore nelle sue consuete indagini sulla qualità della vita delle province italiane, dalle quali risulta che in soli tre anni, la Maremma è scivolata dal 30esimo posto del 2015 al 66esimo del 2018. «Una posizione – spiega Confesercenti – data in gran parte (ma non solo) dal prodotto interno lordo pro capite che è di (appena) 21.900 euro. Questo ovviamente incide sulla capacità di acquisto e di conseguenza sui consumi. A ciò si aggiunge la drammatica situazione demografica con un tasso di natalità che ci pone al 101esimo posto tra le province italiane. Detto in altre parole: la provincia di Grosseto è un territorio “attempato” in termini demografici e con una capacità produttiva piuttosto modesta. Fattore che inevitabilmente ha un riverbero sulla domanda interna per consumi».
E già questo basterebbe. Se poi si aggiunge la costante perdita, negli anni, di posti di lavoro, molti anche nel settore pubblico, ecco allora che la situazione si complica ulteriormente.
A risentirne di più sul fronte dell’economia locale è in primis il commercio, che infatti negli ultimi anni ha visto svanire 2.029 imprese, di cui 886 su 3.508 a Grosseto, il 25,2% del totale.
Fortemente legato al commercio, per le caratteristiche della nostra provincia, è il settore turistico. «Molta parte del commercio
maremmano – afferma Confesercenti – è inevitabilmente dipendente dalla consistenza dei flussi turistici estivi e dalla capacità di spesa dei turisti. Nonostante la provincia di Grosseto sia la terza in Toscana per presenze turistiche alle spalle di Firenze e Livorno, bisogna tenere conto del gap strutturale della componente straniera rispetto alla media regionale. In Maremma, infatti, la quota dei viaggiatori stranieri non arriva al 28% del totale, a fronte del 40,3% della diretta concorrente provincia di Livorno. E questo è un problema perché, tenuto conto della perdita secca di potere d’acquisto delle famiglie italiane negli ultimi dieci anni, la spesa “turistica” è più bassa della media dei turisti stranieri: 100 €/giorno gli stranieri e 81 €/giorno gli italiani secondo Bankitalia. Con conseguenze dirette sui fatturati del commercio».
Fin qui i dati. Dal punto di vista delle ricette secondo Confesercenti è necessario intervenire su più fronti.
In primis, cercando di consolidare i due comparti fondamentali rappresentati dal commercio e dal turismo, che sono fra loro interdipendenti. «Gran parte della possibilità che il commercio al dettaglio ha di riprendersi – afferma Confesercenti –, deriva da un aumento della capacità di spesa dei residenti sul territorio provinciale e dall’abilità di attrarre nuovi flussi turistici, specialmente dall’estero». Ma per far questo «serve un’azione comune di stimolo che coinvolga, oltre alle associazioni di categoria, le istituzioni, il sistema bancario, la politica su pochi obiettivi strategici, con il fine di rianimare la crescita economica su base provinciale».
Poi sempre secondo l’associazione di categoria è fondamentale un rafforzamento del tessuto economico provinciale che non può prescindere da un ampliamento della base produttiva manifatturiera per garantire lavoro stabile e aumento del reddito al fine di promuovere i consumi interni. Al turismo, oltre che all’industria, si associano da sempre ricerca e innovazione tecnologica, altre leve sulle quali è necessario intervenire.
«Infine – aggiunge Confesercenti –, è impensabile continuare ad ignorare lo storico gap infrastrutturale che purtroppo la nostra provincia sconta ormai da decenni». Basti pensare al “Corridoio tirrenico” che attende ormai da oltre 50 anni, costringendoci ad un isolamento perpetuo che nel 2019 non è più tollerabile».
«Il completamento delle infrastrutture viarie, il riconoscimento del
territorio provinciale come “area di crisi non complessa” con l’attivazione conseguente di risorse pubbliche e sgravi fiscali per sostenere la crescita del settore manifatturiero, accelerare l’operatività del “contratto di distretto” per rinforzare il comparto agroalimentare – prosegue Confesercenti –, sono gli obiettivi minimi indispensabili. A tutto questo va aggiunta la necessità di mettere a fuoco un progetto strategico su scala provinciale proteso allo sviluppo commerciale e turistico per i prossimi anni concordando attraverso il confronto tra pubblico e privato su cosa puntare e come farlo. Una sorta di masterplan che ragioni a 360° sulle interconnessioni tra commercio, turismo e urbanistica, con l’obiettivo di dare linee guida omogenee e condivise che siano utili per gli amministratori e gli operatori di tutto il territorio».
Un tempo c’erano gli Stati generali del turismo. Qualcosa del genere, aggiungendo anche il commercio, hanno fatto recentemente a Lucca. Chissà che non sia proprio questa la strada da battere per risollevarsi. Il problema che si pone però – data la crisi di governance che si registra sul territorio – è chi dovrebbe convocare questi “Stati generali”, ma questa è un’altra storia. E magari ne riparleremo un’altra volta…