La riviera romagnola come riferimento?

La riviera romagnola come riferimento?

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L'EDITORIALE DEL NR. DI SETTEMBRE 2017 DEL DIRETTORE CELESTINO SELLAROLI

La riviera romagnola come riferimento?

di Celestino Sellaroli

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Spett.le Redazione
in merito all’Editoriale del direttore responsabile Celestino Sellaroli (pubblicato nel numero scorso, ndr) avrei alcune osservazioni:
La riviera romagnola sfrutta un tipo di turismo che “vuole spendere meno” (non comunque poco, ma meno) e punta su un profitto basato sui grandi numeri. Non è quindi tanto come viene servito il caffè, o quanti sorrisi si regalano, a fare la differenza, ma anzitutto questi motivi economici ora detti, ben più prosaici. Seguono poi, nell’affermazione del successo del “modello adriatico” motivazioni legate alla loro velocità, cortesia, efficienza e autenticità pur nell’ambito di un turismo che è di tipo industriale; loro riescono a proporre prodotti industriali, ma lo fanno con genuinità e umanità, perché oltre a essere dei grandi venditori, sono anche autentici e non si vergognano del loro passato.
La Maremma deve porsi in modo assolutamente alternativo rispetto alla realtà dell’Adriatico, e non deve somigliargli neanche un po’, tranne che nel fatto di ricercare una sua autenticità, che per ora, invece, rifugge. Di questa autenticità, del suo vero carattere, il popolo maremmano si vergogna; si trova in bilico, combattuto tra una indole riottosa e libera, e la necessità di adeguarsi seguendo il trend, atteggiamento che tende a divenire soltanto un piatto conformismo: per vergogna della propria identità, e per il timore di rimanere indietro, noi ci abbuffiamo di tutti i trend più in voga, senza stabilire mai un punto.
L’enogastronomia della riviera romagnola è slegata dal vino, mentre la nostra no: (…). Ma anche sul vino i maremmani hanno accettato, secondo il trend del momento, una gestione manageriale-enologica: il risultato è che ci sono prodotti interessanti, ma troppi vini tutti uguali, con belle etichette e riconoscimenti, ma niente dentro la bottiglia. Manca un vino che identifichi la Maremma, in modo univoco: come fanno il Primitivo in Puglia, il Franciacorta a Brescia-Verona, il Barbera in Piemonte, etc.; il Morellino è molto cambiato, e in peggio; basta con l’eliminazione dei difetti; mentre si eliminano difetti, si perdono anche importanti caratteristiche; chi ci visita deve capirlo, punto e basta, e accettare anche i difetti. (…)
Se non vuoi puntare sul numero, ma sulla bellezza dell’ambiente – e la Maremma deve farlo, perché può permetterselo – lascia stare i ponti sull’Ombrone; chi viene in visita deve capire che non può avere tutto; se non gli sta bene, per lui vanno bene altri tipi di turismo; non dobbiamo adeguarci ai trend per offrire tutto, ma evidenziare e valorizzare ciò che abbiamo, a costo di qualche turista in meno, ma col vantaggio di una maggiore durata degli investimenti, perché l’ambiente si deteriora meno della tecnologia.
Concludo facendo notare che il turismo del “modello adriatico” mi sembra attualmente più in crisi del nostro; (…). Forse, puntare sui grandi numeri, in un periodo di rallentamento della circolazione del denaro, può rivelarsi una strategia obsoleta.
Vi ho scritto ovviamente non per essere pubblicato, ma nella speranza sincera di avere trasmesso un sia pur minimo contributo all’argomento, che mi sta sinceramente a cuore.
Cordialmente
Paolo Agostini

Gent.mo Paolo Agostini
in primis la ringrazio per il suo contributo. Lo scambio di idee è sempre positivo ed aiuta a crescere, quindi mi perdonerà se non ho tenuto conto del suo desiderio finale (di non essere pubblicato), ma anzi ho tratto spunto proprio dalla sua lettera per imbastire l’Editoriale di questo mese. Il tema del turismo sta particolarmente a cuore anche a noi, per cui una sorta di seconda puntata, sempre ispirata da toni propositivi, può starci.
Nel merito le dico – e ci tengo a sottolinearlo – che nell’Editoriale del nr. di agosto non mi sembra di aver scritto che Rimini dovrebbe essere il riferimento per la Maremma o che la Maremma dovrebbe diventare come Rimini.
Nell’articolo è detto esattamente il contrario ovvero che trattasi di realtà completamente diverse e non paragonabili.
Il mio intervento era ed è da inquadrare come una semplice riflessione – ispirata da un post su Facebook – finalizzata ad individuare input utili (dal… sorriso alla politica degli eventi, passando per i parchi culturali, ecc.) e/o possibili percorsi di crescita della nostra già di per sé straordinaria terra, fino ad arrivare alla necessità di mettere a fuoco una vision funzionale e condivisa da tutti.
Nel mondo dell’accoglienza, oggi più che mai, servono strategie, possibilmente coordinate, dell’intero sistema territoriale per elevare una bella zona come la Maremma ad una destinazione turistica vera e propria.
Non fare niente e vivere solo di rendita non paga più. E, se fino a poco tempo fa (forse) potevamo permettercelo, in un mondo sempre più globalizzato e a portata di click, non adeguarsi ai mutati tempi può essere pericoloso.
Nell’Editoriale di agosto mi chiedevo e mi chiedo tuttora se certe best practices possano essere lette, approfondite ed in qualche modo fatte nostre. Studiare i modelli vincenti (quello della riviera romagnola è uno e solo uno, ma tanti altri potrebbero essere analizzati), per trarre spunti, non significa copiare, ma semplicemente cercare di capire ciò che di buono può essere calato sulla nostra realtà. Stimoli per fare sempre più e meglio: è questo il punto che secondo me dovrebbe essere colto.
Perché le assicuro che il refrain citato anche nell’Editoriale ovvero che “la Maremma è bellissima, ma ha tantissime potenzialità ancora inespresse” è una costante che sentiamo dire da decenni ed ormai è diventato un leit motiv perfino stucchevole.
Da qui la semplice considerazione che forse potrebbe essere arrivato il momento di iniziare a fare qualcosa in più. Un comparto come quello turistico non può e – a mio avviso – non deve, puntare solo sull’ambiente incontaminato come plus da offrire al turista. Certo questo è un aspetto importante che ormai ci connota, ma occorre anche molto altro. Prendiamone atto.
Cordialmente
Celestino Sellaroli
Direttore responsabile
Maremma Magazine